Recentemente, in una riunione settimanale di gabinetto in Francia, il
ministro degli esteri tedesco Sigmar Gabriel ha descritto la Cina come
una delle cause della declinante influenza dell’Europa e della crescente
tendenza alla divisione all’interno dell’UE. Non è raro che i politici
in Europa diano la colpa delle contraddizioni interne europee a fattori
esterni (“Ma oggi c’è la Ciiiiiina!” NdVdE). Tuttavia, Gabriel
ha affermato che Pechino “dovrebbe adottare una politica di ‘Europa
unita’ e non tentare di dividerci,” e ha inspiegabilmente paragonato
questa politica alla politica di “Cina unita”.
Nel dilemma attuale dell’Europa, è comprensibile che la Germania, che vuole difendere la sua posizione di predominio all’interno dell’UE, non lesini sforzi nell’appellarsi all’unità europea. Dopo tutto, una UE divisa significherebbe che gli enormi dividendi economici e l’influenza politica di cui gode la Germania al centro dell’Europa avrebbero probabilmente fine. Una volta che la divisione europea del lavoro, con la Germania nella parte superiore della catena del valore, dovesse crollare, è difficile immaginare dove finirebbe l’economia tedesca.
Perciò la Germania considera il mercato unico europeo e la sua catena del valore un territorio a suo uso esclusivo, e vigila ossessivamente sullo sviluppo della cooperazione con i paesi extraeuropei. È particolarmente preoccupata per la cooperazione tra la Cina e i 16 paesi dell’Europa centrale e orientale.
Gabriel ha chiesto alla Cina di prendere posizione per un’ “Europa unita”. Ma un’Europa unita è fattibile geograficamente, non in termini di politica ed economia. Già è discutibile che l’UE con i suoi 27 Stati membri possa rappresentare l’Europa, che ha ora quasi 50 tra paesi e regioni.
Ma seguiamo pure la logica di Gabriel nell’equiparare l’UE all’Europa. La Cina dovrebbe forse essere ritenuta responsabile della Brexit e delle tendenze disgregatrici all’interno dell’UE? La ragione principale dietro queste crescenti contraddizioni fra paesi dell’UE è che la Germania ha tentato di tenere la linea “una stessa politica per tutti” in seguito alla crisi del debito europeo, attuando con la forza politiche deflazionistiche che hanno provocato voci di malcontento nei paesi debitori e un allargamento del divario tra il Nord e il Sud Europa. Inoltre applicando unilateralmente una politica di “porte aperte”, spingendo per far approvare il sistema pro-quota nell’assegnazione degli immigrati in tutta l’UE.
Che si voglia la costruzione di un’Unione Europea forte o perseguire una “Europa unica”, questo deve essere fatto dagli europei per conto proprio. È responsabilità della Germania, dal momento che cerca attivamente di mantenere il dominio sull’UE. Se la Germania elude le proprie responsabilità e si dibatte tra innumerevoli contraddizioni, non potrà candidersi alla leadership dell’Unione Europea, figuriamoci poi guidare l’Europa nella sua interezza.
È irragionevole il paragone di Gabriel di una politica di “Europa unica” con una politica di “Cina unica”. L’unità della Cina è basata su fatti storici e sul consenso politico e riconosciuta dalle organizzazioni internazionali e dai trattati, mentre la politica di “Europa unica” è solo un concetto ambiguo.
Da partner responsabile, la Cina ha sempre rispettato e appoggiato l’integrazione europea e ha sottolineato la coerenza dello sviluppo delle relazioni con l’UE e i suoi Stati membri, cosa che si riflette nelle sue azioni. La profondità e l’ampiezza dei successi della cooperazione della Cina con l’Unione europea è la migliore prova del suo sostegno all’”Europa unica”.
Le parole di Gabriel a proposito della Cina sono solo congetture e riflessioni e non si basano sui fatti. Riflettono l’ansia di alcuni europei e di alcune élite politiche e i loro tentativi di trasferire le contraddizioni che emergono nei problemi interni ed esterni dell’Europa. Considerando specialmente le elezioni tedesche incombenti e le prospettive desolanti (poi puntualmente confermate NdVdE) del partito socialdemocratico di Gabriel, potrebbe esserci un movente politico più complicato dietro le sue parole.
Tuttavia, visti i drammatici cambiamenti nell’attuale situazione internazionale, le relazioni interne all’UE e interne tedesche sono ad un punto critico: non avanzare significa tornare indietro.
Pertanto, le tre parti interessate dovrebbero apprezzare le loro attuali conquiste ed esperienze e fare maggiori sforzi per promuovere relazioni migliori.
Nel dilemma attuale dell’Europa, è comprensibile che la Germania, che vuole difendere la sua posizione di predominio all’interno dell’UE, non lesini sforzi nell’appellarsi all’unità europea. Dopo tutto, una UE divisa significherebbe che gli enormi dividendi economici e l’influenza politica di cui gode la Germania al centro dell’Europa avrebbero probabilmente fine. Una volta che la divisione europea del lavoro, con la Germania nella parte superiore della catena del valore, dovesse crollare, è difficile immaginare dove finirebbe l’economia tedesca.
Perciò la Germania considera il mercato unico europeo e la sua catena del valore un territorio a suo uso esclusivo, e vigila ossessivamente sullo sviluppo della cooperazione con i paesi extraeuropei. È particolarmente preoccupata per la cooperazione tra la Cina e i 16 paesi dell’Europa centrale e orientale.
Gabriel ha chiesto alla Cina di prendere posizione per un’ “Europa unita”. Ma un’Europa unita è fattibile geograficamente, non in termini di politica ed economia. Già è discutibile che l’UE con i suoi 27 Stati membri possa rappresentare l’Europa, che ha ora quasi 50 tra paesi e regioni.
Ma seguiamo pure la logica di Gabriel nell’equiparare l’UE all’Europa. La Cina dovrebbe forse essere ritenuta responsabile della Brexit e delle tendenze disgregatrici all’interno dell’UE? La ragione principale dietro queste crescenti contraddizioni fra paesi dell’UE è che la Germania ha tentato di tenere la linea “una stessa politica per tutti” in seguito alla crisi del debito europeo, attuando con la forza politiche deflazionistiche che hanno provocato voci di malcontento nei paesi debitori e un allargamento del divario tra il Nord e il Sud Europa. Inoltre applicando unilateralmente una politica di “porte aperte”, spingendo per far approvare il sistema pro-quota nell’assegnazione degli immigrati in tutta l’UE.
Che si voglia la costruzione di un’Unione Europea forte o perseguire una “Europa unica”, questo deve essere fatto dagli europei per conto proprio. È responsabilità della Germania, dal momento che cerca attivamente di mantenere il dominio sull’UE. Se la Germania elude le proprie responsabilità e si dibatte tra innumerevoli contraddizioni, non potrà candidersi alla leadership dell’Unione Europea, figuriamoci poi guidare l’Europa nella sua interezza.
È irragionevole il paragone di Gabriel di una politica di “Europa unica” con una politica di “Cina unica”. L’unità della Cina è basata su fatti storici e sul consenso politico e riconosciuta dalle organizzazioni internazionali e dai trattati, mentre la politica di “Europa unica” è solo un concetto ambiguo.
Da partner responsabile, la Cina ha sempre rispettato e appoggiato l’integrazione europea e ha sottolineato la coerenza dello sviluppo delle relazioni con l’UE e i suoi Stati membri, cosa che si riflette nelle sue azioni. La profondità e l’ampiezza dei successi della cooperazione della Cina con l’Unione europea è la migliore prova del suo sostegno all’”Europa unica”.
Le parole di Gabriel a proposito della Cina sono solo congetture e riflessioni e non si basano sui fatti. Riflettono l’ansia di alcuni europei e di alcune élite politiche e i loro tentativi di trasferire le contraddizioni che emergono nei problemi interni ed esterni dell’Europa. Considerando specialmente le elezioni tedesche incombenti e le prospettive desolanti (poi puntualmente confermate NdVdE) del partito socialdemocratico di Gabriel, potrebbe esserci un movente politico più complicato dietro le sue parole.
Tuttavia, visti i drammatici cambiamenti nell’attuale situazione internazionale, le relazioni interne all’UE e interne tedesche sono ad un punto critico: non avanzare significa tornare indietro.
Pertanto, le tre parti interessate dovrebbero apprezzare le loro attuali conquiste ed esperienze e fare maggiori sforzi per promuovere relazioni migliori.
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