Come noto, in Italia non si può fare opposizione tra la seconda metà
di luglio e l’ inizio dell’ autunno. Scendere in piazza ad agosto, per
esempio? Ci mancherebbe, ci sono le ferie, sacre. Poi a settembre, ma
meglio ancora fra ottobre e novembre, si ripartirà alla grande, si farà
sul serio, chi detiene il potere vedrà i sorci verdi… Nel frattempo si
rispetta e celebra il rito lungo della pausa estiva. Di questo se n’è
accorto, per esempio, il deputato Pippo Civati, recentemente fuoriuscito
dal PD in aperto dissenso con la linea del partito, che ha osato
lanciare una campagna di raccolta firme in piena estate per i referendum
abrogativi di alcune delle leggi intollerabili fatte approvare in
parlamento a colpi di voti fiducia da Renzi e si è ritrovato
praticamente isolato a condurre l’impresa con un manipolo di volontari,
tra l’indifferenza, il fastidio o l’ostilità evidente degli altri
raggruppamenti di opposizione “di sinistra” e dei sindacati, i cui
leader ed iscritti si stanno godendo il meritato riposo in varie
località di villeggiatura… Va bene. Prendiamo atto di questa
consuetudine italica, che la dice lunga peraltro sulla credibilità di
certi “oppositori” in una fase fra le più drammatiche che il nostro
Paese abbia attraversato nel corso della sua storia repubblicana. E
però, se anche l’ opposizione è “chiusa per ferie”, ciò non vuol dire
che chi avverte tutta la pericolosità della situazione attuale non possa
almeno insistere, con gli strumenti di comunicazione a disposizione,
benché pochi e miseri, sulle ragioni che dovrebbero allarmare gli
Italiani “dominati” – ossia la stragrande maggioranza della popolazione-
quelli che non siedono nei Palazzi del potere, nei consigli di
amministrazione, che non sono nominati dai politici amici a dirigere
enti, fondazioni, istituzioni, che non speculano in Borsa, ma devono
fronteggiare quotidianamente le difficoltà provocate dalle decisioni
prese dai “dominanti”. Qui si proverà allora schematicamente a
focalizzare quattro motivi per cui il quadro si presenta fosco e
preoccupante.
1. Illegittimità
È questo il peccato originale.
L’attuale Parlamento avrebbe dovuto approvare, secondo le indicazioni
della Corte Costituzionale (sentenza n. 1 del gennaio 2014), le leggi
elettorali per consentire agli Italiani di tornare il più rapidamente
possibile alle urne, in modo da formare una nuova rappresentanza che
riflettesse effettivamente criteri di democraticità della scelta. Le
Camere elette nel 2013 in forza di una legge elettorale dichiarata
incostituzionale (proprio perché non garantiva la rappresentatività), si
sono invece arrogate addirittura la prerogativa di porre mano alla
revisione costituzionale, cioè di modificare la Costituzione, eleggendo
per di più un nuovo presidente della Repubblica! Mentre dalle
considerazioni finali della citata sentenza n. 1 si capiva chiaramente
che il “principio di continuità degli organi costituzionali” (che per la
Consulta era ciò che consentiva alle Camere di continuare ad operare)
veniva evocato solo per il tempo strettamente necessario
all’approvazione delle nuove leggi elettorali. Ma va notato che la
forzatura istituzionale è avvenuta non subito, bensì dal momento in cui –
con un colpo di mano – si è insediato a Palazzo Chigi Matteo Renzi, che
ha presentato il suo come un “governo di legislatura” per attuare le
“riforme ” di cui – a parere dei centri di potere liberisti ed
atlantisti dei quali tale governo costituisce il terminale politico –
l’Italia ha assoluto bisogno e che “gli Italiani chiedono da vent’
anni”…! A rifletterci appena un momento questa vicenda mette da sola i
brividi, eppure dopo un po’ di proteste iniziali, i caratteri
fondamentalmente eversivi dell’attuale governo e della maggioranza
parlamentare che lo sostiene sono caduti nel dimenticatoio, non
costituiscono praticamente più argomento di scontro politico, come al
contrario dovrebbero. Date queste premesse, non vale perciò nemmeno la
pena di addentrarsi sulle mostruosità della riforma del Senato o
dell’Italicum, degni parti di un governo e di una maggioranza
“democratici” di tal fatta.
2. Governo dei padroni
Nel
febbraio 2014, quando Renzi conquista il potere, dichiara che il suo è
“il governo più di sinistra degli ultimi trent’anni”. A maggio 2015, il
presidente di Confindustria Giorgio Squinzi, nella sua ultima relazione
all’assemblea degli industriali, afferma compiaciuto: “Oggi non ho
richieste, né intendo lamentarmi con il governo di alcunché”. Qualcosa
di sicuro non quadra. Non si capisce il senso profondamente “di
sinistra” di tutto ciò. Un simile riconoscimento non lo aveva infatti
ricevuto neppure Berlusconi nei suoi tempi d’oro, forse perché nemmeno
lui era riuscito a fare tanto per la Confindustria come il “governo più
di sinistra degli ultimi trent’anni”. Ecco una rapida sintesi delle
principali provvidenze volute da Renzi e dalla sua maggioranza
“democratica” a favore di una parte, quella dei grandi industriali:
taglio delle tasse sui profitti delle imprese, depenalizzazione
dell’abuso di diritto, revisione del sistema sanzionatorio
amministrativo e penale in materia fiscale, affossamento della Web Tax,
Jobs Act, riforma della Pubblica Amministrazione, rinvio della legge sul
rientro dei capitali. Si potrebbe continuare, ma d’altra parte, perché
meravigliarsi, se perfino la stessa “sinistra PD” è quella che votò
compatta, con il resto del partito, la fiducia al governo Monti, la
legge Fornero sulle pensioni, il pareggio di bilancio nella
Costituzione? Questo per il limitarsi al settore dell’economia. Ma anche
su altri piani strategici a livello politico, sociale e culturale,
l’incessante attività portata avanti dalla Confindustria presso i vari
dicasteri, l’Agenzia delle Entrate, le “Authority” della Privacy, dell’
Anticorruzione, ecc. ha trovato piena soddisfazione da quando il
“giovane e moderno” leader toscano è arrivato a Palazzo Chigi. Si pensi
alla riforma istituzionale: con largo anticipo rispetto al testo
presentato dal governo, già un anno fa Confindustria chiedeva
l’abolizione del “bicameralismo perfetto” ed un “Senato espressione
delle autonomie territoriali”. O alla legge 107, detta – con non voluta
ironia – della “Buona Scuola”, che realizza dopo vent’anni il progetto
della Confindustria stessa in ambito educativo e che aveva trovato un
primo, ma inadeguato, vettore nelle proposte di Forza Italia mai
tuttavia pienamente concretizzatesi a livello di ristrutturazione degli
istituti scolastici statali, secondo un modello gestionale di stampo
mercantile e autoritario. Che cosa manca ancora? Quali i prossimi
obiettivi? “Organizzare un secondo pilastro privato ed integrativo” al
fine di “bilanciare la composizione della spesa e rendere più efficiente
il sistema sanitario nel suo complesso” – come recitava la “Relazione
sull’ attività confederale 2014” della Confindustria. Il che, tradotto
nella lingua comune dei dominati, significa sostanziale privatizzazione
della sanità, la quale costringa i cittadini a sottoscrivere
assicurazioni per avere a pagamento dai privati quello che il servizio
pubblico nazionale non passerà più. Non a caso gli ultimi interventi
dell’esecutivo riguardano proprio i tagli delle prestazioni in tale
settore, destinato a diventare la vittima designata della prossima
Spending Review con la scusa della “medicina difensiva” che provoca
sperperi.
3. Sistema tribale mediatico neoliberista
Renzi,
dunque, non è “malato di annuncite”, come alcuni critici superficiali
sostengono. Certo, Renzi annuncia, è il primo leader tutto mass-media,
ma poi anche fa. Eccome se fa. A favore di chi, crediamo lo dimostrino
ampiamente gli atti che abbiamo sopra elencato. È insomma il primo
leader tutto promesse per il popolo, senza popolo (nessun Italiano ha
mai votato per un programma di governo come quello che sta attuando) e
contro il popolo. Per questo deve sopperire con la demagogia
all’evidente iniquità di ogni legge che viene emanata. Lasciamo stare la
vecchia storia degli 80 euro a chi ne guadagna meno di 1.500 al mese,
che ormai non incanta più nessuno, dato che ogni cittadino ha potuto
sperimentare a sue spese come siano state reperite le risorse, cioè
attraverso duri tagli ai fondi di Comuni, Regioni e Sanità, che si sono
trasformati in aumenti delle tasse locali in busta paga e diminuzione
dei servizi. Lasciamo stare pure il balletto sulle cifre riguardanti le
assunzioni a tempo indeterminato “grazie al” Jobs Act, sia perché
ottenute unicamente attraverso l’incentivo degli sgravi fiscali ai
padroni ed alla concessione agli stessi della libertà di licenziamento
senza se e senza ma, sia perché comunque il tasso di disoccupazione
reale resta al 12,7% e quello giovanile attorno al 44% (per inciso
ricordiamo le città italiane tappezzate da giganteschi manifesti del PD
che chiedevano le immediate dimissioni di Berlusconi nel 2011, poiché
detta disoccupazione era allora al 29,7%…). Ciò che ultimamente
impressiona è piuttosto la pioggia di miliardi di euro stanziati a
parole dal governo per tutti i rami di attività umana, che nessuno ha
mai visto, se non nel mondo virtuale del sistema tribale mediatico
asservito al liberismo, che rilancia ed amplifica. Un classico
specchietto per le allodole, o un gigantesco specchio di Archimede per
incenerire i “gufi” e i “disfattisti” che dir si voglia. Miliardi e
miliardi dunque, ce n’è per tutti: per le pensioni dei più poveri, per
lo sblocco dei cantieri, per la banda larga, per la diminuzione delle
tasse, per il dissesto idrogeologico, per il rilancio del Sud, per il
reddito di inclusione, per la “Buona Scuola”. A metterli insieme si
raggiunge una cifra che si aggira attorno ai 180… Come funzionino le
cose nella vita reale, lo dimostra però un esempio relativo proprio al
mondo della scuola. Per la ristrutturazione degli edifici scolastici il
governo- ci viene detto dai trionfalistici tg alcune settimane fa- sono
stati stanziati 1,3 miliardi, di cui saranno disponibili a settembre ben
21 milioni da utilizzare subito! Per il restante miliardo e 279 milioni
non si sa nulla di preciso, si vedrà, forse, più avanti.
4. Gioco delle parti
L’ultimo punto si ricollega idealmente al primo. In una legislatura
minata fin dal suo inizio dall’ombra dell’illegittimità è in atto
oltretutto un disdicevole gioco di sponda parlamentare tra Renzi ed il
suo padre putativo, Berlusconi, che ha consentito finora, in modo
diretto o indiretto, al governo del suo giovane, autentico erede di
reggere al Senato. Ricordiamo in questo senso l’appoggio esplicito
garantito prima dell’elezione di Mattarella e l’arrendevolezza
dimostrata successivamente in varie occasioni, tanto che sembrano in
qualche modo concordate persino le varie “scissioni” del partito
personale di Forza Italia (Fitto, Verdini), le quali, nelle intenzioni,
dovrebbero consentire a Renzi di mandare in porto i suoi tanti progetti.
L’inquinamento della vita politica, anche a livello istituzionale, è
dunque profondissimo.