Durante il G8 di Genova 2001, nella caserma-carcere furono torturate
decine di persone. Sedici anni dopo, i giudici di Strasburgo tornano a
sanzionare il nostro Paese per la violazione della Convenzione europea
dei diritti dell’uomo. Nessuna parola sul contestato reato appena
introdotto nell’ordinamento. Secondo i giudici di quei processi, sarebbe
inapplicabile. Intervista a Enrico Zucca, pm del processo Diaz.
“I ripetuti atti di violenza subiti dai ricorrenti all’interno della caserma di Bolzaneto devono essere considerati atti di tortura. Di conseguenza, vi è stata la violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali”. Con queste parole, il 26 ottobre, la Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) di Strasburgo ha condannato l’Italia per i gravi fatti di Genova del luglio 2001. Con le “percosse, minacce, sputi, risate di scherno, urla canzonatorie, insulti di ogni genere” (dalla sentenza di Appello) avvenute nella caserma del VI Reparto Mobile di PS di Bolzaneto e la mancata “inchiesta ufficiale effettiva” successiva, è stato calpestato l’articolo 3 della Convenzione -“Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti”-. Con la ricorrente omertà di corpo. “La Corte -si legge- rileva che la deplorevole mancanza di cooperazione della polizia con le autorità giudiziarie incaricate dell’indagine è stata decisiva in questo caso”. A oltre due anni dalla “sentenza Cestaro” dell’aprile 2015 relativa ai fatti della scuola Diaz-Pertini, l’Italia subisce così un’altra, pesantissima, condanna per tortura. Che non entra però nel merito del contestato reato introdotto da poco nell’ordinamento dal Parlamento.
“I ripetuti atti di violenza subiti dai ricorrenti all’interno della caserma di Bolzaneto devono essere considerati atti di tortura. Di conseguenza, vi è stata la violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali”. Con queste parole, il 26 ottobre, la Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) di Strasburgo ha condannato l’Italia per i gravi fatti di Genova del luglio 2001. Con le “percosse, minacce, sputi, risate di scherno, urla canzonatorie, insulti di ogni genere” (dalla sentenza di Appello) avvenute nella caserma del VI Reparto Mobile di PS di Bolzaneto e la mancata “inchiesta ufficiale effettiva” successiva, è stato calpestato l’articolo 3 della Convenzione -“Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti”-. Con la ricorrente omertà di corpo. “La Corte -si legge- rileva che la deplorevole mancanza di cooperazione della polizia con le autorità giudiziarie incaricate dell’indagine è stata decisiva in questo caso”. A oltre due anni dalla “sentenza Cestaro” dell’aprile 2015 relativa ai fatti della scuola Diaz-Pertini, l’Italia subisce così un’altra, pesantissima, condanna per tortura. Che non entra però nel merito del contestato reato introdotto da poco nell’ordinamento dal Parlamento.
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