La Serenissima, ossia la zona intorno a Venezia come è chiamata da un millennio, è oggi l’epicentro di un crollo bancario che minaccia di far deragliare una delle grandi storie di successo della globalizzazione.
La base territoriale di marchi come Benetton, De’ Longhi, Geox e Luxottica, in Veneto, è diventata anche sede di ben 40.000 piccole imprese improvvisamente bloccate senza accesso al finanziamento da quando una coppia di banche regionali è crollata nel mese di giugno. Si tratta della Popolare di Vicenza e Veneto Banca, che crollando hanno spazzato via i risparmi di molti dei loro 200.000 azionisti, scatenando scossoni economici e politici sentiti da Roma a Francoforte. La rabbia per quella che molti considerano una supervisione lassista da parte delle autorità nazionali sta animando un movimento che invoca maggiore autonomia e che è incoraggiato da quanto sta succedendo in Catalogna.
La seconda banca italiana, Intesa Sanpaolo SpA, ha pagato una cifra simbolica di 1 euro per acquisire le parti più sane dei due istituti veneti, mentre allo Stato è toccato assorbirsi i 18 miliardi di euro di debito travagliato che hanno accumulato le banche. La Sga, la Società di gestione degli attivi a cui entro fine ottobre dovrebbero finire i 18 miliardi di Npl lordi delle ex popolari venete rifiutati da Intesa, però non è ancora pienamente operativa. Ciò ha fatto sì che le piccole e medie imprese, in molti casi, non potessero fare affari.
“Molti di questi mutuatari sono imprese redditizie, ma sono bloccate nel limbo“, ha dichiarato Mauro Rocchesso, responsabile di Fidi Impresa e Turismo Veneto, società finanziaria che fornisce garanzie collaterali alle imprese in cerca di linee di credito.
“Le banche venete sono state cruciali per la creazione e il sostegno di migliaia di piccole imprese, che sono la spina dorsale dell’ economia locale”, ha dichiarato Luigi Zingales, “ma quel modello” – dice il professore – “è definitivamente scomparso“.
La base territoriale di marchi come Benetton, De’ Longhi, Geox e Luxottica, in Veneto, è diventata anche sede di ben 40.000 piccole imprese improvvisamente bloccate senza accesso al finanziamento da quando una coppia di banche regionali è crollata nel mese di giugno. Si tratta della Popolare di Vicenza e Veneto Banca, che crollando hanno spazzato via i risparmi di molti dei loro 200.000 azionisti, scatenando scossoni economici e politici sentiti da Roma a Francoforte. La rabbia per quella che molti considerano una supervisione lassista da parte delle autorità nazionali sta animando un movimento che invoca maggiore autonomia e che è incoraggiato da quanto sta succedendo in Catalogna.
La seconda banca italiana, Intesa Sanpaolo SpA, ha pagato una cifra simbolica di 1 euro per acquisire le parti più sane dei due istituti veneti, mentre allo Stato è toccato assorbirsi i 18 miliardi di euro di debito travagliato che hanno accumulato le banche. La Sga, la Società di gestione degli attivi a cui entro fine ottobre dovrebbero finire i 18 miliardi di Npl lordi delle ex popolari venete rifiutati da Intesa, però non è ancora pienamente operativa. Ciò ha fatto sì che le piccole e medie imprese, in molti casi, non potessero fare affari.
“Molti di questi mutuatari sono imprese redditizie, ma sono bloccate nel limbo“, ha dichiarato Mauro Rocchesso, responsabile di Fidi Impresa e Turismo Veneto, società finanziaria che fornisce garanzie collaterali alle imprese in cerca di linee di credito.
Mentre i tecnici lavorano sul quadro giuridico che permetterà alla SGA di iniziare ad operare, i suoi dirigenti stanno negoziando con i finanziatori nazionali, tra cui Intesa e Banca Ifis, per iniziare a gestire i prestiti. Le testimonianze dei piccoli imprenditori che hanno contratto finanziamento con Veneto banca ora passato sotto SGA, sono tante. Come quella di Toni Costalunga, 71enne costruttore di parti meccaniche che ha dichiarato di non poter pagare il personale in tempo perché la sua linea di credito è stata terminata “senza preavviso né spiegazioni” l’ 11 settembre, dopo che la SGA ha rilevato la sua linea di credito Veneto Banca.
Mentre le multinazionali venete sono rimaste in gran parte indenni dal crollo, il sistema di finanziamento che ha sostenuto la trasformazione della regione da economia prevalentemente agraria a potenza produttiva nell’ ultimo mezzo secolo non sarà mai lo stesso.
“Le banche venete sono state cruciali per la creazione e il sostegno di migliaia di piccole imprese, che sono la spina dorsale dell’ economia locale”, ha dichiarato Luigi Zingales, “ma quel modello” – dice il professore – “è definitivamente scomparso“.
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