Preceduta in Italia dai lacrimoni di
molti politici, principalmente del Pd, ieri a Washington si è svolta la
cerimonia funebre per dare l’ultimo saluto al senatore repubblicano John
McCain. Lungo il percorso che ha condotto la bara con le spoglie del
“falco” alla cattedrale di Washington, il corteo si è fermato davanti al
memoriale che ricorda i caduti del Vietnam. La vedova, Cindy McCain, ha
reso omaggio ai soldati caduti nella lunga e sanguinosa guerra,
deponendo una corona di rose rosse e bianche. McCain, pilota da
combattimento durante il conflitto, fu catturato e tenuto prigioniero ad
Hanoi per cinque anni e mezzo.
Il funerale, stando alle notizie
circolate negli States, è stato attentamente pianificato dallo stesso
McCain negli ultimi mesi vita. Alla cerimonia, trasmessa in diretta
televisiva, hanno partecipato, tra gli altri, Bill e Hillary Clinton,
gli ex vicepresidenti Al Gore e Dick Cheney, gli ex segretari di stato
Madeline Albright, John Kerry e Henry Kissinger. Non solo figure di
spicco della politica a stelle e strisce ma “apostoli” di quel
pericoloso messianismo unipolare atlantico che fanaticamente, anche in
Italia, si continua a propagandare, ignorando le dinamiche e i nuovi
equilibri di un mondo che, per la presenza di nuovi attori non solo su
scala intercontinentale ma anche a livello regionale, è sempre più
multipolare.
McCain è stato magnificato da Obama e
Bush, due dei suoi ex rivali per la presidenza, intimamente uniti al
senatore repubblicano dalla militanza nel partito trasversale della
guerra. Grande assente alla cerimonia funebre, il presidente Donald
Trump. C’erano la figlia Ivanka e il genero Kushner. Il tycoon, che non
ha dato l’assenso alla pubblicazione di un comunicato ufficiale in cui
John McCain veniva definito un “eroe”, ha preferito trascorrere la
giornata sui campi da golf.
Carichi di retorica e di ipocrisia i
ricordi di Bush junior e di Obama. Per George W. Bush, il senatore che
voleva interventi militari ovunque (dall’Iraq alla Siria, dall’Ucraina
alla Georgia, senza dimenticare Libano, Nicaragua, Sudan, Iran, Kosovo,
Corea del Nord, Afghanistan), “detestava i despoti”. “Forse più di tutto
John detestava l’abuso di potere: non poteva tollerare i bigotti e i
despoti spavaldi”. Questo John McCain nel ricordo di George W.Bush.
“Amava la libertà con la passione di chi ne ha conosciuto l’assenza; e
rispettava la dignità insita in ogni vita. Una dignità che non si ferma
alle frontiere e non può essere cancellata dai dittatori”, ha proseguito
l’ex presidente americano Bush.
Barack Obama ha descritto il suo
antagonista alle presidenziali del 2008 come “un uomo straordinario, un
combattente, uno statista, un patriota che ha incarnato il meglio
dell’America”. “Ci sono cose per le quali vale la pena rischiare tutto,
ha detto Obama, principi che sono eterni, verità che sono durature. John
ci ha mostrato al meglio cosa significa. Per questo, siamo tutti
profondamente in debito con lui”. L’ex presidente degli States ha
ricordato “il disprezzo di John per l’autocommiserazione: era stato
all’inferno ed era tornato e in qualche modo non aveva mai perso la sua
energia o il suo ottimismo per la vita”.
Meghan McCain, conduttrice di Abc e
figlia del senatore dell’Arizona, ha chiuso il suo accorato saluto al
padre con una frase che nel Donbass, in Siria e in Iraq avrà fatto
sobbalzare chi quotidianamente soffre per le destabilizzazioni
pianificate dal padre in combutta con il collega senatore Lindsey
Graham: “L’America di John McCain è l’America di Abraham Lincoln, che
rispetta la promessa della Dichiarazione di Indipendenza secondo cui
tutti gli uomini sono generati uguali e si battono con tutti gli sforzi
per vederla realizzata”.
Tra le colpe più gravi di McCain, non si
può non annoverare il sostegno dato al radicalismo islamista nelle
periferie calde dell’Europa. A metà degli anni ’90, il senatore fu un
esplicito sostenitore dell’allora presidente Bill Clinton in Bosnia,
come puntualmente hanno ricordato i colleghi di geopoliticsalert.com in
uno dei pezzi più dettagliati e veritieri sulle sue “opere”. http://geopoliticsalert.com/history-john-mccain-war
Molti musulmani raggiunsero la Bosnia
per unirsi ai mujaheddin che da allora hanno dato vita all’arcipelago
del terrore in cui ha proliferato e prosperato l’Isis. Le bandiere nere
del Califfato sventolano in molti punti della ex Jugoslavia anche
per “merito” di McCain, di cui non deve essere dimenticato l’apporto
all’intervento americano in Kosovo alla fine degli anni ’90. Nel
conflitto in Kosovo, il repubblicano ha sostenuto l’Esercito di
liberazione del Kosovo, un’organizzazione jihadista genocida con legami
con Al Qaeda di Osama Bin Laden.
Elemento preponderante nel McCain
pensiero, è la russofobia. Le foto che ritraggono il senatore
repubblicano sorridente in compagnia dei capi dei battaglioni neonazisti
ucraini al soldo della giunta di Kiev, sono facilmente reperibili in
rete.
Il suo sostegno ai massacratori di
civili nel Donbass, è stato continuo. E il conflitto in corso dal 2014,
rischia di arroventarsi ancora di più dopo che Alexander Zakharchenko,
presidente della Repubblica di Donetsk, è rimasto ucciso in
un’esplosione nel bar “Separ”, situato nel centro della città. Mosca ha
subito incolpato Kiev di essere responsabile dell’omicidio. I servizi di
sicurezza ucraini (SBU) hanno negato ogni coinvolgimento, paventando
“conflitti interni” alle nuove oligarchie di Donetsk.
In questi quattro anni, oltre diecimila
persone sono rimaste uccise dal fuoco delle artiglierie o dei cecchini
nel silenzio di quei cantori “democratici” che in coro piangono la
scomparsa di un “campione” di quella doppia morale che a loro piace
tanto. Per fortuna la rete offre spazi liberi anche a chi, come noi,
rifiuta con consapevolezza ed ostinazione la visione del mondo cara a
Washington. A noi John McCain non mancherà. Neanche un po’
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