Pare che gli ex dipendenti inglesi della
Lehman Brothers si siano dati appuntamento a Londra, attorno alla metà
di settembre, per festeggiare. Sono passati infatti dieci anni da
quando, era il 15 settembre 2008, la holding statunitense
dichiarò il fallimento sotto il peso di oltre 600 miliardi di dollari di
debiti. Fino a quel momento l’azienda aveva più di 26mila dipendenti.
Non è chiaro che cosa ci sia da celebrare, visto che quel giorno è
comunemente ricordato come l’inizio di una gigantesca crisi del sistema
economico-finanziario globale. Nessuno dei protagonisti della vicenda
pagò le proprie responsabilità, e anzi oggi la Borsa di New York, dalla
quale la crisi si propagò, naviga a gonfie vele.
Sono passati dieci anni nei quali sono
aumentate disuguaglianze e precarietà, iniqua distribuzione delle
ricchezze e allarmi ambientali, ma tant’è -devono aver pensato gli ex
dipendenti-, la vita va avanti lo stesso, specie ai “piani bassi” della
società. Non tutto è rimasto uguale nemmeno ai “piani alti” però.
L’Unctad (United nations conference on trade and development, unctad.org)
stila ogni anno la classifica delle 100 maggiori multinazionali non
finanziarie del Pianeta. Nel 2008 in testa c’era la Exxon, con oltre 459
miliardi di dollari di fatturato; e delle prime dieci aziende, sei
erano petrolifere e due produttrici di auto. Nel rapporto 2018
dell’Unctad (relativo a dati del 2017) le multinazionali del petrolio
nei primi 10 posti sono scese a quattro mentre hanno fatto la loro
comparsa realtà che nel 2008 non erano proprio in classifica: Apple e
Samsung, la prima con un fatturato di quasi 230 miliardi di dollari
(sesto posto), la seconda con quasi 212 miliardi di dollari. Amazon è
all’undicesimo posto (178 miliardi di dollari il fatturato), Alphabet
(ovvero Google) al ventesimo (110 miliardi di dollari). Più in là
Microsoft con quasi 90 miliardi di dollari di fatturato e Facebook
(oltre 40 miliardi di dollari).
Dieci anni di “crisi” hanno portato a un riassestamento. Sono cambiati -almeno in parte- i padroni del mondo. Il caso di Apple è particolare: in dieci anni non solo ha moltiplicato fatturati e utili, ma oggi lambisce la cifra monstre
di mille miliardi di dollari di capitalizzazione in Borsa: un traguardo
mai tagliato da alcuna società nella storia. Amazon, Microsoft e Google
rincorrono stabilmente sopra quota 800 miliardi di dollari.
Con valori che superano di gran lunga i
Pil della maggior parte dei Paesi cosiddetti “in via di sviluppo”,
questi padroni del mondo hanno un potere evidentemente enorme. Quel
potere che ha permesso ad Apple di non dare troppo peso alla sanzione da
13 miliardi di euro comminata dall’Ue all’Irlanda per il trattamento
fiscale favorevole alla multinazionale di Cupertino; quel potere per il
quale avrebbe rifiutato a giugno di partecipare all’audizione presso la
Commissione speciale per i crimini finanziari e l’evasione fiscale del
Parlamento europeo. Quel potere per il quale Google non si è curata
molto della multa di 4,34 miliardi di euro arrivata a luglio
dall’Antitrust europeo per aver danneggiato la concorrenza (dopo quella
di 2,42 miliardi del 2017). Quel potere che permette a Google di
trattare per una versione “censurata” del motore di ricerca col governo
cinese -dopo un accordo dello stesso tenore di quest’ultimo con Apple-.
Quel potere forte del quale Facebook ha chiesto quest’anno alle grandi
banche americane di condividere col social network le
informazioni finanziarie dei propri clienti. Il lato più oscuro di tutto
questo potere riguarda la geopolitica, perché ormai sappiamo che negli
Stati Uniti, in Europa occidentale e in Asia le piattaforme on line sono
in grado di influenzare la politica estera, la politica interna e le
relazioni commerciali.
Sono cambiati i padroni del mondo, ma
siamo cambiati anche noi. Secondo una ricerca di Barclaycard, in Gran
Bretagna una persona su 10 ammette di aver comprato un vestito su
internet e averlo subito dopo restituito: il tempo necessario per
indossarlo e fare un post su Instagram (società di Facebook). A
fine luglio nel centro di Milano è stato inaugurato un “Apple Store”.
Pare ci fossero persone in coda già 12 ore prima dell’apertura
ufficiale.
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