Per garantire la governabilità d’Italia, Matteo Renzi e Silvio
Berlusconi, attraverso il patto del Nazareno, hanno promosso la nuova
legge elettorale conosciuta come “italicum”, che è stata approvata nel
maggio 2015 e che ha definito un sistema proporzionale, circoscrizioni
minori, premio di maggioranza e ballottaggio. La nuova leggere elettorale italiana è stata introdotta come una legge basata sulla spagnola, ma in una versione molto libera.
Nello stesso anno gran parte degli elettori spagnoli, hanno espresso il loro desiderio di cambiare un sistema elettorale che favorisce il bipartitismo, optando per i partiti emergenti, che propugnano la reforma mentre trasformano la mappa politica con la propria irruzione. Le critiche, in Spagna sono dirette verso la sproporzione territoriale riguardo al valore del voto, che gonfia i piccoli distretti a danno dei grandi centri urbani. Sotto accusa anche il metodo d’Hondt, che ricompensa con seggi extra le formazioni più votate. Tuttavia, una revisione della legge elettorale è consigliata solo quando permette meccanismi chiari per rafforzare il pluralismo e la governance.
Nello stesso anno nel quale l’Italia ha cercato la stabilità elettorale, la Spagna cerca, quindi, il cambiamento, pur accettando l’incertezza dell’ingovernabilità; alcuni hanno infine guidato una volontà concreta di sfuggire al caos eterno e altri intraprendono un viaggio verso una maggiore pluralità, anche se è vero che l’Italia ha dei ricordi negativi di governi solidi e duraturi, e la Spagna pure ha brutte reminiscenze del sistema multipartitico.
La Spagna ha intrapreso un percorso controcorrente rispetto all’Italia. Ma al di là delle preferenze e della legislazione, le coalizioni e la frammentazione in seno ai partiti politici continuano ad essere l’usanza a Roma, mentre in Spagna i due principali partiti spagnoli sono ancora i più votati.
È difficile immaginare un governo del Partito Democratico con maggioranza assoluta e che riesca a terminare la legislatura come hanno fatto il Partito Popolare e il Partito Socialista Operaio Spagnolo. Allo stesso modo, è difficile concepire un governo di Pedro Sánchez (PSOE), con, per esempio, Albert Rivera(C’s), come accade oggi con l’Italia di Renzi, che riunisce partiti ideologicamente diversi e nel quale compare come Ministro dell’Interno, l’onorevole Angelino Alfano, l’ex pupillo di Berlusconi.
Le particolarità in Europa rimangono motore e pastoia dell’integrazione, ma il paradosso rappresentato dallo scoordinamento diventa più marcato quando le tendenze si intersecano. Così sembra che la Spagna voglia essere l’Italia e l’Italia voglia essere la Spagna. Nel frattempo, l’Europa è ancora in attesa di essere l’Europa.
Nello stesso anno gran parte degli elettori spagnoli, hanno espresso il loro desiderio di cambiare un sistema elettorale che favorisce il bipartitismo, optando per i partiti emergenti, che propugnano la reforma mentre trasformano la mappa politica con la propria irruzione. Le critiche, in Spagna sono dirette verso la sproporzione territoriale riguardo al valore del voto, che gonfia i piccoli distretti a danno dei grandi centri urbani. Sotto accusa anche il metodo d’Hondt, che ricompensa con seggi extra le formazioni più votate. Tuttavia, una revisione della legge elettorale è consigliata solo quando permette meccanismi chiari per rafforzare il pluralismo e la governance.
Nello stesso anno nel quale l’Italia ha cercato la stabilità elettorale, la Spagna cerca, quindi, il cambiamento, pur accettando l’incertezza dell’ingovernabilità; alcuni hanno infine guidato una volontà concreta di sfuggire al caos eterno e altri intraprendono un viaggio verso una maggiore pluralità, anche se è vero che l’Italia ha dei ricordi negativi di governi solidi e duraturi, e la Spagna pure ha brutte reminiscenze del sistema multipartitico.
La Spagna ha intrapreso un percorso controcorrente rispetto all’Italia. Ma al di là delle preferenze e della legislazione, le coalizioni e la frammentazione in seno ai partiti politici continuano ad essere l’usanza a Roma, mentre in Spagna i due principali partiti spagnoli sono ancora i più votati.
È difficile immaginare un governo del Partito Democratico con maggioranza assoluta e che riesca a terminare la legislatura come hanno fatto il Partito Popolare e il Partito Socialista Operaio Spagnolo. Allo stesso modo, è difficile concepire un governo di Pedro Sánchez (PSOE), con, per esempio, Albert Rivera(C’s), come accade oggi con l’Italia di Renzi, che riunisce partiti ideologicamente diversi e nel quale compare come Ministro dell’Interno, l’onorevole Angelino Alfano, l’ex pupillo di Berlusconi.
Le particolarità in Europa rimangono motore e pastoia dell’integrazione, ma il paradosso rappresentato dallo scoordinamento diventa più marcato quando le tendenze si intersecano. Così sembra che la Spagna voglia essere l’Italia e l’Italia voglia essere la Spagna. Nel frattempo, l’Europa è ancora in attesa di essere l’Europa.
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