lunedì 16 febbraio 2015

L’ITALIA È LA BOMBA A OROLOGERIA DELL’EUROPA

Nel lungo periodo, siamo tutti morti, ma che differenza fa se siete dentro l’eurozona? Potreste anche essere già morti. Infatti, sembra quasi impossibile, ma da quando è stato creato l’euro, 16 anni fa, l’Italia è cresciuta solo del 4 per cento, in totale. Peggio della Grecia.
Comunque, dall’Europa non arrivano solo brutte notizie. Nel quarto trimestre del 2014 non è solo la Germania ad essere cresciuta a un ritmo annuale più veloce del previsto, del 2,8 per cento, ma anche la Spagna (una ripresa così a caro prezzo che chiamarla ripresa è dir tanto, ci sentiamo di precisare, ndt) . Anche il Portogallo è cresciuto ad un ritmo del 2 per cento. Questo è bastato perché l’eurozona nel suo complesso crescesse ad un ritmo “almeno-non-è-una-recessione” dell’ 1.2 per cento. Ma questi barlumi di buone notizie sono appunto solo questo – dei barlumi. L’ultima prova di forza della Grecia sull’austerità ha preoccupato così tanto le sue banche e le sue imprese che la ripresa appena accennata si è trasformata in uno 0,8 per cento di contrazione. E se l’Italia non è andata in recessione, non è nemmeno cresciuta.
E non va affatto meglio se si guarda ad un periodo più lungo. Come si può vedere dal grafico, in 16 anni il Portogallo è cresciuto solo del 7,2 per cento, la Grecia poco più del 4 per cento, e l’Italia giusto del 4 per cento. Che cosa è andato storto? Be’, tutto. Hanno tutti problemi di offerta e di domanda. Per quanto riguarda il primo aspetto, ciò significa che è troppo difficile avviare un’impresa, troppo difficile farla crescere e troppo difficile licenziare i dipendenti (va detto però che gli effetti perversi delle riforme del lavoro sono noti, ndt). Questo rende le loro economie sclerotiche anche nei periodi di prosperità, e le condanna nei periodi di crisi. Ma queste fasi di crisi sono state peggiori di quello che avrebbero dovuto essere, perché la BCE non ha fatto il suo lavoro e non ha mantenuto l’inflazione vicino al 2 per cento. In realtà, ha addirittura peggiorato le cose aumentando i tassi per due volte nel 2011 per combattere un’inflazione immaginaria. Né è stato d’aiuto il fatto che questi paesi siano stati costretti a cercar di tagliare i deficit del bilancio pubblico tutti contemporaneamente. Il risultato è stato una doppia recessione che li ha ricacciati tutti indietro, al punto in cui erano quando è iniziato l’euro – e ha peggiorato anche i loro problemi di debito.
Però il vero problema qui è l’Italia. Sia la Grecia che il Portogallo sono molto indebitati e sono entrati entrambi in un programma di “salvataggio”, ma almeno stanno iniziando la ripresa (per la Spagna si è già detto, per la Grecia si tenga presente che quando c’è fame anche le briciole sembrano un lauto pasto, ndt) e sono abbastanza piccoli perché l’Europa possa extend-and-pretend, allungando le scadenze e facendo finta che un giorno che non arriverà mai il debito sarà ripagato. Ma l’Italia non è affatto in ripresa, e il suo debito è troppo grande per essere ignorato. Quindi, come minimo, avrebbe proprio bisogno di cominciare a crescere più dello 0,25 per cento l’anno. La questione è se il popolo italiano rinuncerà alla speranza che questo possa accadere all’interno dell’euro.
In questo caso, chi potrebbe biasimarli?

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