Le forze aree degli Stati Uniti hanno annunciato di aver testato con successo un missile balistico intercontinentale Minuteman
III (ICBM), lanciato dalla base di Vandenberg in California. Secondo
una dichiarazione del comandante della forza aerea americana,
responsabile della forza di deterrenza Usa, l’Air Force Global Strike
Command, il missile è stato lanciato alle 05.26 di ieri, ora locale (le
14:26 italiane).
È
stato il primo test di questo tipo quest’anno. Il più recente era
avvenuto lo scorso agosto. Un lancio programmato per febbraio era stato
invece rinviato.
“Un
test è considerato affidabile se il missile viene lanciato, se completa
il suo percorso all’interno di una determinata corsia di sicurezza, se
la sua attrezzatura funziona correttamente, se i dati vengono raccolti e
se la sua area d’impatto (…) corrisponde all’obiettivo previsto”, si
legge in un comunicato. Sebbene il missile “abbia raggiunto l’obiettivo
previsto”, i test e l’analisi dei dati “non saranno pubblicati”, ha
aggiunto il comando statunitense. Insomma sulla riuscita o meno di
questo test missilistico, le autorità militari statunitensi hanno steso
un velo di silenzio. Di solito è il segno che qualcosa è andato storto.
Ma
non è questo il fattore principale del problema. Sarebbe impossibile
infatti dimenticare quanto abbiano strepitato gli Usa nei mesi scorsi
contro i test missilistici della Corea del Nord. A pochi giorni
dall’annuncio di Pyongyang sulla sospensione dei test missilistici (e
all’avvio di un processo di distensione con la Corea del Sud), ecco che
gli apparati militari statunitensi effettuano un test missilistico così
“stigmatizzati” nei mesi precedenti. In pratica rialzano l’asticella
delle tensioni in materia di riarmo nucleare e missilistico, e non lo
fanno solo nel quadrante della penisola coreana.
Sul riarmo nucleare occorre infatti sottolineare anche le minacce di Trump di sospendere l’accordo raggiunto con l’Iran tre anni fa dal gruppo 5+1. Una nuova cambiale che gli Usa potrebbero pagare a Israele, fino ad oggi l’unica potenza nucleare in Medio Oriente. Ma
l’avventurismo di Trump ha dovuto fare subito i conti con un approccio
dei partner europei assai diverso. Macron, in visita alla Casa Bianca,
ha replicato a Trump dichiarando che l’accordo con l’Iran “è un tema importante che va visto nell’ambito di una questione più ampia che è la stabilità nella regione”.
Ma
Macron parlando al Congresso Usa, si è anche avventurato su una
affermazione – “L’Iran non avrà mai la bomba atomica, mai!” – a cui
manca però un dato fondamentale: perchè in Medio Oriente si consente
ancora e solo ad Israele di possedere la bomba atomica? Perchè la
comunità internazionale non costringe Israele a firmare il Trattato di
Non Proliferazione Nucleare, ad accettare le ispezioni e magari a
coordinare un processo di disarmo nucleare nella regione? Senza questo
tassello decisivo, la questione del riarmo o disarmo nucleare in Medio
Oriente avrà sempre una contraddizione interna inaccettabile.
Il
ministro degli Esteri Mohammad Javad Zarif ha immediatamente replicato
che l’Iran, nel caso gli Usa si ritirassero dall’intesa, non sarebbe più
vincolato dagli obblighi internazionali e potrebbe riprendere le
attività di arricchimento dell’uranio oltre i limiti imposti dall’intesa
sottoscritta nel 2015. Zarif ha sottolineato come l’Iran approverebbe
una riduzione delle tensioni nella penisola coreana, ma ha anche
rilevato come Trump sta dimostrando che gli Usa “non sono un partner
affidabile per i negoziati, al contrario si comportano come partner
improbabile per qualsiasi altro accordo globale”.
Insomma
tutti i segnali che arrivano dagli Stati Uniti sembrano indicare una
nuova corsa al riarmo, anche nucleare, come fattore di riaffermazione
della supremazia militare statunitense nelle relazioni internazionali.
Supremazia però, non più egemonia. E’ un cambio di passo e di passaggio
storico pericoloso sicuramente ma niente affatto irrilevante sul piano
dei rapporti di forza mondiali
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