sabato 14 marzo 2015

Quel virus chiamato disoccupazione

Il 20 gennaio scorso l’ILO ha pubblicato il report “World Employment and Social Outlook – Trends 2015” . I dati contenuti nel report sono desolanti: nel 2014, nel mondo, più di 200 milioni di persone erano disoccupate ( 31 milioni in più rispetto alla situazione ante-crisi). A pagare il conto salato della crisi economica sono soprattutto i giovani e le donne. E per il futuro si delinea un quadro ancora peggiore: le persone senza lavoro passeranno a 212 milioni entro il 2019. Le previsioni fornite dall’organizzazione internazionale del lavoro sono oltremodo demotivanti per tutti coloro che, loro malgrado, si trovano stretti nella morsa della disoccupazione o in quella di un lavoro precario senza prospettive future. E’ altresì scoraggiante per tutti coloro che, prossimi a completare il proprio percorso di studi, si preparano ad entrare in quel limbo del lavoro-non lavoro.
Visto le proporzioni che ha assunto il fenomeno della disoccupazione- non solo in Italia- e le fosche previsioni dell’ILO di un aumento sproporzionato della disoccupazione nell’arco dei prossimi cinque anni, non si può più guardare alla mancanza cronica di lavoro come ad un problema. Dire che la disoccupazione è un problema è riduttivo. La macchina che non funziona più e vi ha lasciato in mezzo all’autostrada, le sacche di inefficienza della P.A, la casta politica: questi sono problemi più o meno gravi. Ma la disoccupazione, quella, é una vera e propria catastrofe. Essa mina alle basi tanto il benessere delle nazioni quanto quello di coloro che, in prima persona, si trovano ad affrontare la difficile e frustrante situazione di non riuscire a trovare un lavoro. In nessun report o documento pubblicato dalle Istituzioni troverete mai gli effetti veri e profondi della disoccupazione. Leggerete che sono in calo i consumi, che gli Italiani non vanno più in vacanza o che hanno rinunciato alle visite mediche specialistiche. Non leggerete invece degli effetti della disoccupazione sulla psiche umana, che poi sono gli unici effetti che davvero importino alla luce dei fatti.
Il legame tra disoccupazione e depressione è stato ampiamente studiato e documentato. Molti depressi vengono accusati di fingersi tali per comodità, altri ritengono che le nuove generazioni siano cresciute viziate e per questo di fronte alle prime difficoltà cadono facili preda della tristezza mortale. Di fatto, la depressione priva l’individuo della sua vitalità e lo rende praticamente incapace di svolgere qualsiasi lavoro. Senza essere uno psichiatra o un medico, è facile intuire che i milioni di disoccupati attuali, vessati dalle condizioni lavorative al limite dello sfruttamento, sentendosi inadeguati e a volte già troppo vecchi, finiscano presto per cadere vittime della depressione. Ma anche per chi resiste con coraggio, lo stato di disoccupazione- specie se di lungo periodo- apre di fronte un baratro, che è il vuoto che avverte chi vede passare gli anni senza trovare un posto nel mondo del lavoro, passando da uno stage all’altro. Senza più speranza nel proprio futuro e nelle proprie capacità, il disoccupato finisce per rassegnarsi a un’esistenza che si fa sopravvivenza. In sostanza, per i disoccupati è difficile trovare un senso alla propria vita e molti, purtroppo, ritengono che sia meglio uscire di scena. Definitivamente.
Stiamo assistendo ad uno scenario apocalittico. E’ come se un virus altamente mortale si stesse propagando per il globo, solo che nessuno la mette in questi termini.
Renzi, con il suo Jobs Act, ha affermato di voler rilanciare l’occupazione e la stessa ferma intenzione hanno espresso gli altri governi nazionali. A parte qualche fuggevole servizio sul telegiornale, il dibattito pubblico sembra incentrato su questioni più importanti: i tassi applicati dalla Federal Reserve, l’Isis ed i suoi video, i fondi per l’Erasmus+ e così via. Il fatto stesso che, quando si parli di disoccupazione, ci si limiti a riportare statistiche, dati ed odiose percentuali – numeri che non sono capaci di fornire la reale dimensione del fenomeno, risentendo di un’intrinseca astrattezza- è indicativo della sistematica sottovalutazione del fenomeno disoccupazione.
Appare ormai evidente che la disoccupazione non è un problema né un fenomeno transitorio e non si risolverà nel breve-medio periodo. E’ una vera e propria catastrofe. Come in un film di fantascienza, in cui lo scienziato solitario scopre quasi per caso l’avvicinamento di un asteroide al pianeta Terra e il governo americano si adoperi per scongiurare l’impatto (tramite la costruzione di un complicato marchingegno che distrugga l’asteroide), allo stesso modo dovremmo adoperarci per sconfiggere questo virus. Senza limitarci a compiangere chi non ha un lavoro o esortare i giovani italiani a cercare un’occupazione all’estero.
In tempi non sospetti, ci siamo già trovati ad affrontare situazioni di emergenza (o presunte tali): dalla mucca pazza all’aviaria, al recente allarme Ebola. La nostra società è una società fondata sulla paura, sull’allarmismo, sulla caccia al nemico presunto o dichiarato. “La diffusa e impalpabile paura che satura il presente è usata da molti leader politici come una merce da capitalizzare al mercato politico. Si comportano come dei commercianti che pubblicizzano le merci e i servizi che vendono come formidabili rimedi all’abominevole senso di incertezza e per prevenire innominabili e indefinibili minacce” ha affermato Zigmun Bauman in un’intervista di qualche anno fa . Se ci hanno abituati ad avere paura di ogni cosa mini in qualche modo la nostra presunta stabilità, perché la disoccupazione- che sta assumendo proporzioni spaventose- non desta lo stesso allarmismo che desta, ad esempio, l’Ebola?
La risposta, ahimè, è fin troppo scontata. La disoccupazione fa molta paura solo a coloro che si trovano a scontare sulla propria pelle le conseguenze di questo terribile fenomeno. La disoccupazione fa paura al laureato che, dopo una decina di stage, ancora non ha uno straccio di contratto decente, fa paura alle generazioni che si immatricolano all’università disillusi e già stanchi, fa paura ai genitori che sanno di rappresentare, per i loro figli, l’unica forma di sostegno economico in una società che tanto poco peso dà al lavoro e alla dignità dei lavoratori. Se per molti la disoccupazione è un virus altamente mortale, per molti altri – quelli che contano davvero, nelle cui mani stanno le sorti di molte persone- la crisi economica e la possibilità di rilanciare al ribasso tutele è stipendi è stata un’occasione fortuita di arricchirsi dimezzando o addirittura annullando i costi del lavoro. Per questo sentirete ancora per molto tempo parlare della disoccupazione come di un problema e mai come di una catastrofe.

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