Il
bue che dice cornuto all’asino. Vecchio proverbio sempreverde, che si
attaglia perfettamente al razzismo della polizia “democratica” francese
assolutamente identico a quello della polizia “leghista” italica.
L’identità
si stabilisce sulla definizione di “complici degli scafisti”, che il
cosiddetto ministro degli interni Salvini applica indifferentemente a
navi ong, gruppi di volontari dediti all’accoglienza e persino sacerdoti
“no border”.
La
polizia di Macron – quello che strepita contro il razzismo del governo
gialloverde ma spedisce i suoi agenti oltrefrontiera per rimandare
indietro gruppi di migranti intercettati sulle montagne – fa lo stesso…
con gli autisti dei pullman di linea!
E’
sconcertamente, ma emblematico, che due autisti della compagnia Flixbus
siano stati ammanettati, portati in cella, perquisiti in modo molto
brusco, spogliati e fermati per 24 ore alla frontiera di Ventimiglia.
I due erano alla guida di un autobus della nota compagnia low cost diretto a Barcellona. La
loro “colpa”, agli occhi degli agenti di Macron, sarebbe stata quella
di non accorgersi che a bordo alcuni dei passeggeri – ovviamente
extracomunitari “denunciati” dal colore della pelle – erano privi del
permesso di soggiorno o di altro documento valido per l’espatrio.
Come racconta Mario Catani, uno dei due autisti: «È
una verifica di routine. E quando capita che vengano trovate delle
persone con documenti non in regola o comunque sospetti, queste vengono
fatte scendere e prese in consegna dalla polizia mentre il bus prosegue
il suo viaggio. Ma sabato i gendarmi erano nervosi, uno in particolare
urlava contro tutti».
I “clandestini” erano quattro pakistani membri della stessa famiglia, presumibilmente diretti in Spagna.
«Siamo
rimasti fermi per diverse ore e nel bus c’era anche una signora con un
bambino di due anni che era spaventato — prosegue l’autista — . Siamo
stati sequestrati. Alle due e mezza siamo stati scortati fino
all’aeroporto di Nizza. I passeggeri sono stati fatti scendere per poi
entrare in una sala mentre io e il mio collega siamo stati ammanettati e
portati in un altro ufficio. Ci hanno perquisito e tolto tutti gli
effetti personali, anche i cellulari. Ci hanno dato un foglio dove era
scritto che potevamo fare una telefonata ma non ci è stato concesso. Per
fortuna avevamo avvisato i nostri colleghi del gruppo Whatsapp».
«A
quel punto è iniziato l’incubo. Chiusi in due celle distinte, non
potevamo neppure parlarci. Né acqua né cibo. Poi all’alba di nuovo le
manette e ci hanno caricato su un furgone e portati in una caserma. Sono
rimasto fino alle 15 in una cella che puzzava di urina, neppure un
bicchiere d’acqua da bere. Quando ci hanno rilasciato ci hanno spiegato
che eravamo sospettati di aver favorito l’immigrazione illegale, roba da
pazzi, mica siamo poliziotti, non siamo in grado di capire se un
passaporto o un visto sono validi».
«Ci
hanno detto che per questa volta non ci sarebbe capitato nulla ma se in
futuro dovessero trovare altri clandestini su un nostro bus rischiamo
un anno e mezzo di galera. La nostra società ha avvertito la Farnesina e
il consolato a Nizza. Non è possibile che trattino in questo modo dei
lavoratori. Senza parlare del disagio creato ai nostri passeggeri che
hanno perso appuntamenti e aerei».
Salvini e Macron, una faccia una razza. Brutta.
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