Siamo in un mondo che cambia”, diciamo un po’ tutti. Specie chi ha rinunciato a guardare, dunque ad analizzare, come cambia.
C’è chi si consegna nudo e indifeso a questo processo incontrollabile, chi si rifiuta di ammetterlo, chi si rifugia nella citazione dei “classici” per dimostrare che non è vero niente, ecc.
Intanto le cose vanno avanti. Una, poco studiata e ancor meno compresa nella sua portata, la nascita delle cryptomonete. Una nuova figura del capitale, certamente, niente affatto sovversiva, ma una figura che destabilizza un bel po’ uno dei pilastri del “classico” sistema di potere della modernità capitalista: lo Stato.
On stiamo parlando della democrazia parlamentare o delle sue forme, ma di un potere sovrano esercitato fin qui (fino a qualche anno fa) senza ammettere alcun competitore. E’ il potere di battere moneta, ossia l’equivalente generale che consente di scambiare sul mercato merci, servizi, beni materiali o incorporei.
Ogni Stato ha la sua moneta, dotata a sua volta di un valore di scambio variabile (un “tasso di cambio”) in ragione della salute economica di una certa nazione, della sua forza militare, ecc. C’è persino un’area continentale – definita Eurozona – in cui tale potere è stato devoluto consenuslmente ad una Banca centrale “indipendente”, la Bce. Ma lo schema generale – un potere politico concentrato in uno Stato o qualcosa di simile, che conia una certa moneta per facilitare gli scambi commerciali (sostituto del “baratto”) – è ancora quello dell’antichità precapitalistica, fatte salve le ovvie differenze storiche o tecnologiche.
Le cryptomonete, invece, sono pura iniziativa privata. Chiunque le può immettere sul mercato, purché abbia le competenze e la struttura hardware per controllarne solidamente la circolazione e dunque garantirne la sicurezza. La più nota ed antica è il bitcoin, ma orm ai sono decine e in continua moltiplicazione.
A noi sembra evidente che se ci sono monete non statali c’è anche un trasferimento di potere dal “pubblico” al mercato. E, di conseguenza, uno svuotamento sostanziale dei processi politici che si suole chamare col nome vuoto di democrazia. Non che scompaia del tutto lo Stato, naturalmente, ma il ventaglio delle sue funzione si va drasticamente riducendo al puro monopolio nell’uso della forza. Verso l’interno, con le polizie chiamate a disciplinare repressivamente le rispettive popolazioni, verso l’esterno come strumento militare di ultima istanza per la regolazione dei rapporti tra aree politico-economiche (peraltro attraversate trasversalmente da “monete private” ncontrollabili dai singoli Stati).
Due contributi sul tema ci sono sembra interessanti, visto che mettono a fuoroc – con ottica molto diversa – la stessa notizia: Facebook sta preparando la sua cryptomoneta.
C’è chi si consegna nudo e indifeso a questo processo incontrollabile, chi si rifiuta di ammetterlo, chi si rifugia nella citazione dei “classici” per dimostrare che non è vero niente, ecc.
Intanto le cose vanno avanti. Una, poco studiata e ancor meno compresa nella sua portata, la nascita delle cryptomonete. Una nuova figura del capitale, certamente, niente affatto sovversiva, ma una figura che destabilizza un bel po’ uno dei pilastri del “classico” sistema di potere della modernità capitalista: lo Stato.
On stiamo parlando della democrazia parlamentare o delle sue forme, ma di un potere sovrano esercitato fin qui (fino a qualche anno fa) senza ammettere alcun competitore. E’ il potere di battere moneta, ossia l’equivalente generale che consente di scambiare sul mercato merci, servizi, beni materiali o incorporei.
Ogni Stato ha la sua moneta, dotata a sua volta di un valore di scambio variabile (un “tasso di cambio”) in ragione della salute economica di una certa nazione, della sua forza militare, ecc. C’è persino un’area continentale – definita Eurozona – in cui tale potere è stato devoluto consenuslmente ad una Banca centrale “indipendente”, la Bce. Ma lo schema generale – un potere politico concentrato in uno Stato o qualcosa di simile, che conia una certa moneta per facilitare gli scambi commerciali (sostituto del “baratto”) – è ancora quello dell’antichità precapitalistica, fatte salve le ovvie differenze storiche o tecnologiche.
Le cryptomonete, invece, sono pura iniziativa privata. Chiunque le può immettere sul mercato, purché abbia le competenze e la struttura hardware per controllarne solidamente la circolazione e dunque garantirne la sicurezza. La più nota ed antica è il bitcoin, ma orm ai sono decine e in continua moltiplicazione.
A noi sembra evidente che se ci sono monete non statali c’è anche un trasferimento di potere dal “pubblico” al mercato. E, di conseguenza, uno svuotamento sostanziale dei processi politici che si suole chamare col nome vuoto di democrazia. Non che scompaia del tutto lo Stato, naturalmente, ma il ventaglio delle sue funzione si va drasticamente riducendo al puro monopolio nell’uso della forza. Verso l’interno, con le polizie chiamate a disciplinare repressivamente le rispettive popolazioni, verso l’esterno come strumento militare di ultima istanza per la regolazione dei rapporti tra aree politico-economiche (peraltro attraversate trasversalmente da “monete private” ncontrollabili dai singoli Stati).
Due contributi sul tema ci sono sembra interessanti, visto che mettono a fuoroc – con ottica molto diversa – la stessa notizia: Facebook sta preparando la sua cryptomoneta.
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