Il 12 dicembre 1969 una bomba nella Banca Nazionale dell’Agricoltura, in
piazza Fontana a Milano, uccide 16 persone. È l’attentato che segna
l’inizio del terrorismo politico in Italia. Le indagini, orientate
all’inizio sulla pista anarchica, portano all’arresto e
all’incriminazione di Pietro Valpreda. Un altro anarchico, Giuseppe
Pinelli, il 15 dicembre muore cadendo dal quarto piano della questura
durante un interrogatorio. Passano più di due anni prima che prenda
corpo l’ipotesi dell’eversione neofascista: Franco Freda e Giovanni
Ventura vengono incriminati nell’agosto 1972. Le inchieste scoprono poi
che settori deviati dei servizi segreti hanno aiutato e coperto alcuni
dei principali imputati. Nel 2000 va a giudizio un altro estremista di
destra: Delfo Zorzi. Sette i processi: a Roma, Milano, Catanzaro, di
nuovo Catanzaro, Bari, Catanzaro, Milano. Nessun imputato però è stato
condannato per l’eccidio: dopo una vicenda giudiziaria durata oltre 35
anni (l’ultima sentenza della Cassazione è del 3 maggio 2005) la strage
di piazza Fontana resta impunita. Alla luce di nuove prove e
testimonianze, nelle ultime due sentenze la responsabilità è attribuita a
terroristi di destra guidati da Freda e Ventura. Che non sono più
processabili perché assolti per questo reato con sentenza passata in
giudicato.
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