Sembrerebbe una legge del contrappasso eppure è lo stesso scenario
che si è ripetuto costantemente dall’alleanza con i mojaheddin afgani
dal 1980 in poi. Gli Stati Uniti, la Nato e l’Unione Europea hanno
disgregato gli stati esistenti – anche con i bombardamenti e le
operazioni di regime change – hanno sostenuto militarmente i gruppi
islamici e hanno consentito il loro rafforzamento economico e militare
in enclavi protette e sostenute dal wahabismo saudita. Ma non è accaduto
solo in Medio Oriente, è accaduto anche in Europa nella sua periferia
balcanica. Una volta diradata la polvere dei bombardamenti (incluso
quelli all’uranio impoverito) sul territorio dei Balcani sono rimaste
quasi sempre basi militari Usa (in Kosovo, Croazia, Macedonia) e sono
prosperati network legati alla jihad globale, sia di osservanza wahabita
(legati all’Arabia Saudita) che di altre correnti (legati alla
Turchia). Il risultato è che enclavi dello Stato Islamico sono assai più
vicine ai confini europei di quanto la geografia e la cronaca abbiano
lasciato intendere fino ad ora.
Sono stati infatti individuati diversi network jihadisti che hanno origine in Kosovo (dove in rapporto alla popolazione si segnala il numero più alto di foreign fighters andati a combattere in Siria e Iraq tra le file dell’Isis), Bosnia e Albania. In questi tre paesi balcanici nei quali la Nato è intervenuta militarmente tra il 1995 e il 1999 a sostegno delle ambizioni islamiche, si è formata una rete di gruppi islamici radicali, che si ispirano a Lavdrim Muhaxheri, noto come il “’macellaio dei Balcani”, per le sue atroci esecuzioni al servizio del califfo Al-Baghdadi. Tra i cento soggetti posti all’attenzione dalla polizia in Italia, ci sono persone provenienti da quelle zone: si tratta soprattutto di ex criminali con precedenti per spaccio di droga, tra cui anche donne. Proprio nel dicembre 2015 è stato individuato un gruppo di kosovari, di cui alcuni arrestati, che propagandava la Jihad e che, secondo gli investigatori, aveva collegamenti con gruppi riconducibili a Muhaxheri. Quest’ultimo ha lavorato proprio dentro la base militare Usa in Kosovo, quella di Camp Bondsteel, all’ombra delle quale si segnalano ben cinque campi di addestramento dei miliziani islamici.
Il vero cuore dello Stato Islamico alle porte dell’Europa è proprio il Kosovo, uno stato fantoccio creato dai bombardamenti dalla Nato e riconosciuto come indipendente dalla maggioranza dei paesi europei (tranne la Spagna). Una inchiesta de L’Espresso rivela che Florin Nezir, l’imam della moschea Sinaan Pasa Camii di Kacanik, è stato sostenuto in questi anni da Ilir Berisha e Jetmir Kycyku, arrestati per terrorismo in un’operazione dell’ Eulex (la missione europea in Kosovo). Ma il grande sostenitore di Nezir è Lavdrim Muhaxheri, albanese, oggi uno dei capi dello Stato islamico, ex collaboratore della Kfor (la missione Nato in Kosovo dopo la guerra del 1999), famoso per essersi fatto ritrarre mentre decapitava prigionieri in Siria.
Sono stati infatti individuati diversi network jihadisti che hanno origine in Kosovo (dove in rapporto alla popolazione si segnala il numero più alto di foreign fighters andati a combattere in Siria e Iraq tra le file dell’Isis), Bosnia e Albania. In questi tre paesi balcanici nei quali la Nato è intervenuta militarmente tra il 1995 e il 1999 a sostegno delle ambizioni islamiche, si è formata una rete di gruppi islamici radicali, che si ispirano a Lavdrim Muhaxheri, noto come il “’macellaio dei Balcani”, per le sue atroci esecuzioni al servizio del califfo Al-Baghdadi. Tra i cento soggetti posti all’attenzione dalla polizia in Italia, ci sono persone provenienti da quelle zone: si tratta soprattutto di ex criminali con precedenti per spaccio di droga, tra cui anche donne. Proprio nel dicembre 2015 è stato individuato un gruppo di kosovari, di cui alcuni arrestati, che propagandava la Jihad e che, secondo gli investigatori, aveva collegamenti con gruppi riconducibili a Muhaxheri. Quest’ultimo ha lavorato proprio dentro la base militare Usa in Kosovo, quella di Camp Bondsteel, all’ombra delle quale si segnalano ben cinque campi di addestramento dei miliziani islamici.
Il vero cuore dello Stato Islamico alle porte dell’Europa è proprio il Kosovo, uno stato fantoccio creato dai bombardamenti dalla Nato e riconosciuto come indipendente dalla maggioranza dei paesi europei (tranne la Spagna). Una inchiesta de L’Espresso rivela che Florin Nezir, l’imam della moschea Sinaan Pasa Camii di Kacanik, è stato sostenuto in questi anni da Ilir Berisha e Jetmir Kycyku, arrestati per terrorismo in un’operazione dell’ Eulex (la missione europea in Kosovo). Ma il grande sostenitore di Nezir è Lavdrim Muhaxheri, albanese, oggi uno dei capi dello Stato islamico, ex collaboratore della Kfor (la missione Nato in Kosovo dopo la guerra del 1999), famoso per essersi fatto ritrarre mentre decapitava prigionieri in Siria.
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