Sono 1554 le persone che nel 2015 si sono rivolte ai servizi della
Caritas. Per la prima volta cresce la percentuale degli italiani
rispetto a quella degli immigrati. Dal 2007 al 2016 i primi sono passati
dal 27,7 al 35,2%, i secondi invece fanno registrare una diminuzione
percentuale e cioè passano dal 72,3 al 64,8%. In termini assoluti però,
su 1554 persone, poco meno di 800 vengono da un Paese diverso
dall'Italia.
Rispetto agli precedenti comunque, non vi è una sostanziale differenza, la povertà si arresta ma si complica, si complica soprattutto l'uscita dallo stato di bisogno economico susseguente a perdita del lavoro e della casa. Il report, in maniera implacabile, infatti, denuncia che «le situazioni di povertà cronica, ossia di persone seguite da almeno sei anni, riguardano circa un quarto (25%) di tutte le persone incontrate. E una persona su quattro è seguita da almeno sei anni».
Anche a Pisa la povertà è una trappola che imprigiona e da cui si fatica ad emergere e a ritrovare autonomia: il 25% di tutti coloro che nel 2015 i sono rivolti ad un centro di ascolto della Caritas, è in carico alla stessa almeno dal 2009. In valore assoluto significa 389 persone (109 italiani e 280 stranieri). I "nuovi poveri", ossia coloro che hanno bussato per la prima volta alla porta delle Caritas nel 2015, invece, sono 605 persone, oltre un terzo del totale (38,9%), un'incidenza elevata ma in diminuzione rispetto al 52,3% dell'anno precedente. Il primo fattore che porta alla povertà è la perdita o mancanza di un lavoro. Tre su quattro non hanno un lavoro.
In totale, sono 1.041 le persone prive di occupazione che nel 2015 hanno chiesto l'aiuto della Caritas. Piu o meno quasi esattamente lo stesso numero dell'anno precedente quando furono 1.043. In termini percentuali significa che si trova in tale condizione circa il 70,8%. L'altra faccia della medaglia, però, è quella di chi un lavoro o, comunque, un reddito e una casa stabile ce l'hanno ma nel 2015 hanno comunque avuto bisogno della Caritas: nei precedenti dodici mesi, infatti, ha segnalato di avere un regolare rapporto di lavoro il 14,3% delle persone incontrate mentre ha un'abitazione stabile, prevalentemente in affitto o in case popolari, addirittura il 52,8% delle stesse. Tra quanti si sono rivolti alla Caritas,il 13,8% vive in condizioni di marginalità abitativa. In una baracca piuttosto che in roulotte o sotto qualche portico. Situazioni di grave marginalità abitativa insomma, e il dato è leggermente superiore alla media regionale e cresce ulteriormente con riferimento agli uomini stranieri, un quinto dei quali (20,8%) vive in una situazione del genere. La Caritas traccia anche il profilo dei nuovi poveri: si tratta di 216 persone che sono uomini soli, senza lavoro, con più di 50 anni e sono celibi o separati. Don Emanuele Morelli direttore della Caritas tira le fila del report dicendo: «I nostri servizi dovrebbero servire non a nascondere ma a far uscire le povertà invisibili e dimenticate, alla coltre di nascondimento che le pervade affinchè una maggior consapevolezza di tutti ci aiuti ad essere comunità che accoglie ed integra, e che promuove cittadinanza piena». «Papa Francesco - ha proseguito - fin dal primo giorno ci ha esortato a metterci in cammino, a raggiungere quelle periferie esistenziali dove l'umanità esclusa chiede lavoro, dignità e giustizia. Come possiamo stare tranquilli sapendo che nella nostra città ci sono ad esempio più di 400 ragazzi
che hanno minori opportunità educative, culturali e ricreative dei loro coetanei più fortunati? Non possiamo continuare ad offrire "stampelle" che generano dipendenza, servono "opportunità" che liberano dalla necessità di ricevere aiuto».
Rispetto agli precedenti comunque, non vi è una sostanziale differenza, la povertà si arresta ma si complica, si complica soprattutto l'uscita dallo stato di bisogno economico susseguente a perdita del lavoro e della casa. Il report, in maniera implacabile, infatti, denuncia che «le situazioni di povertà cronica, ossia di persone seguite da almeno sei anni, riguardano circa un quarto (25%) di tutte le persone incontrate. E una persona su quattro è seguita da almeno sei anni».
Anche a Pisa la povertà è una trappola che imprigiona e da cui si fatica ad emergere e a ritrovare autonomia: il 25% di tutti coloro che nel 2015 i sono rivolti ad un centro di ascolto della Caritas, è in carico alla stessa almeno dal 2009. In valore assoluto significa 389 persone (109 italiani e 280 stranieri). I "nuovi poveri", ossia coloro che hanno bussato per la prima volta alla porta delle Caritas nel 2015, invece, sono 605 persone, oltre un terzo del totale (38,9%), un'incidenza elevata ma in diminuzione rispetto al 52,3% dell'anno precedente. Il primo fattore che porta alla povertà è la perdita o mancanza di un lavoro. Tre su quattro non hanno un lavoro.
In totale, sono 1.041 le persone prive di occupazione che nel 2015 hanno chiesto l'aiuto della Caritas. Piu o meno quasi esattamente lo stesso numero dell'anno precedente quando furono 1.043. In termini percentuali significa che si trova in tale condizione circa il 70,8%. L'altra faccia della medaglia, però, è quella di chi un lavoro o, comunque, un reddito e una casa stabile ce l'hanno ma nel 2015 hanno comunque avuto bisogno della Caritas: nei precedenti dodici mesi, infatti, ha segnalato di avere un regolare rapporto di lavoro il 14,3% delle persone incontrate mentre ha un'abitazione stabile, prevalentemente in affitto o in case popolari, addirittura il 52,8% delle stesse. Tra quanti si sono rivolti alla Caritas,il 13,8% vive in condizioni di marginalità abitativa. In una baracca piuttosto che in roulotte o sotto qualche portico. Situazioni di grave marginalità abitativa insomma, e il dato è leggermente superiore alla media regionale e cresce ulteriormente con riferimento agli uomini stranieri, un quinto dei quali (20,8%) vive in una situazione del genere. La Caritas traccia anche il profilo dei nuovi poveri: si tratta di 216 persone che sono uomini soli, senza lavoro, con più di 50 anni e sono celibi o separati. Don Emanuele Morelli direttore della Caritas tira le fila del report dicendo: «I nostri servizi dovrebbero servire non a nascondere ma a far uscire le povertà invisibili e dimenticate, alla coltre di nascondimento che le pervade affinchè una maggior consapevolezza di tutti ci aiuti ad essere comunità che accoglie ed integra, e che promuove cittadinanza piena». «Papa Francesco - ha proseguito - fin dal primo giorno ci ha esortato a metterci in cammino, a raggiungere quelle periferie esistenziali dove l'umanità esclusa chiede lavoro, dignità e giustizia. Come possiamo stare tranquilli sapendo che nella nostra città ci sono ad esempio più di 400 ragazzi
che hanno minori opportunità educative, culturali e ricreative dei loro coetanei più fortunati? Non possiamo continuare ad offrire "stampelle" che generano dipendenza, servono "opportunità" che liberano dalla necessità di ricevere aiuto».
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