Il ragionamento è sorprendente. E non tanto perché, se davvero il
Paese è costretto al bivio tra una riforma dannosa e un populismo
pericoloso, occorrerebbe anzitutto chiamare a risponderne chi – Renzi –
lo ha irresponsabilmente messo in questa condizione. Davvero sarebbe una
consolazione rimanere nelle mani di una persona tanto incapace e
spregiudicata?
Ma, soprattutto, la posizione sorprende perché,
per evitare un pericolo ipotetico ed evitabile oggi, crea un pericolo
reale e inevitabile domani.
Iniziamo dal primo. Nessuno può
realmente sapere cosa accadrà il 5 dicembre in caso di vittoria del No,
se Renzi si dimetterà o resterà al suo posto. In questi giorni sta
cercando in tutti i modi di drammatizzare la situazione, ma quale
realmente sarà il quadro politico all’indomani del referendum, quale la
posizione delle diverse forze politiche, quali i convincimenti del
Presidente della Repubblica è impossibile prevederlo.
Molto
dipenderà anche dalla misura della sconfitta del Sì, perché, qualora
fosse limitata, Renzi potrebbe pur sempre rivendicare un risultato
superiore rispetto all’attuale consistenza del suo partito. Il punto
fondamentale, in ogni caso, è che con la prevalenza del No occorrerà
riscrivere le leggi elettorali per Camera e Senato, essendo il quadro
elettorale attuale calibrato sulla vittoria del Sì.
Sul tavolo
c’è già la proposta dei 5 Stelle, molto ben congegnata dal punto di
vista tecnico e, soprattutto, largamente connotata in senso
proporzionalistico (sia pure con soglie di sbarramento implicite
piuttosto elevate). Anche Forza Italia, attraverso Silvio Berlusconi, ha
lasciato intendere una propensione per la proporzionale. Se anche il Pd
muovesse in questa direzione, svaporerebbe qualsiasi rischio che una
eventuale vittoria delle forze populistiche possa tradursi in un loro
governo incontrastato, perché la loro consistenza elettorale è ben
lontana dalla maggioranza assoluta dei consensi. È questo che ci si
aspetta da una forza politica responsabile: che, una volta individuato
un pericolo, metta in campo le strategie atte a scongiurarlo. Tanto più,
se si tratta di strategie a portata di mano… Detto più nettamente, se
vincesse il No nessun panico è giustificato: si faccia una riforma
elettorale sul modello proporzionale e si torni al voto. Quale che sarà
il risultato, nessuno avrà le leve del potere a sua completa
disposizione.
Tutto il contrario se vince il Sì. Il cambiamento
di Costituzione creerebbe infatti un’incredibile concentrazione di
potere nelle mani del partito di maggioranza e, in particolare, del suo
“capo”, che si ritroverebbe alla guida sia del governo sia della
maggioranza parlamentare. L’esecutivo, vero nuovo fulcro del sistema,
otterrebbe i poteri necessari a condizionare sia l’attività del
Parlamento (grazie al voto a data certa) sia l’attività delle regioni
(grazie alla clausola di supremazia affidata al governo anziché, com’era
nella Costituzione del 1948, al Parlamento). Persino l’autonomia degli
organi di garanzia – Presidente della Repubblica, Corte costituzionale,
Csm – ne risulterebbe gravemente compromessa, a causa delle modalità di
elezione o dei vincoli posti alle loro modalità di funzionamento.
Insomma: dalla vittoria del Sì scaturirebbe un sistema del tutto
squilibrato, avulso dalla tradizione del costituzionalismo, più simile a
quel che si vede oggi in Russia o in Turchia che all’assai più
ponderato presidenzialismo statunitense. Certo, con il Sì Renzi
resterebbe al suo posto, ma quale certezza c’è che lo steso accada anche
dopo le elezioni politiche del 2018? Lo scenario è apertissimo e
nessuna persona di buon senso, dopo l’elezione di Trump, può escludere a
priori una vittoria delle forze populiste. Un esito che, a quel punto,
con il nuovo sistema costituzionale, metterebbe il vincitore in
condizione di governare l’Italia per 5 lunghissimi anni, senza
incontrare ostacoli di sorta.
Ecco allora che, a prendere sul serio
la preoccupazione che vanno esprimendo i sostenitori del governo, se ne
ricava un potente argomento a favore del No. Chi davvero è preoccupato
che le elezioni possano essere vinte da una forza politica che reputa
pericolosa (quale essa sia), chi davvero teme il ripetersi in Italia di
un caso Trump, non può far altro che votare No, perché il No è l’unica
garanzia che, anche se dovesse vincere il peggior politico del mondo,
chi accede al potere non si troverà in condizione di poter fare quello
che vuole.
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