A
fine 2017, cinque anni dopo la sua approvazione, il Fiscal
Compact (Trattato sulla stabilità, coordinamento e governance
nell'unione economica e monetaria), potrebbe essere inserito
nell'ordinamento giuridico europeo, divenendo giuridicamente superiore
alla legislazione nazionale e rendendo irreversibili le politiche
liberiste d'austerità.
Il
Fiscal Compact, infatti, proseguendo la linea tracciata da Maastricht
in poi, assume la trappola del debito pubblico come cornice
indiscutibile dentro la quale costruire la gabbia per i diritti sociali e
del lavoro e la privatizzazione dei beni comuni.
Basti
pensare che se dovesse essere confermato, il Fiscal Compact prevederà
per il nostro Paese l'obbligo nei prossimi 20 anni a portare il rapporto
debito-Pil dall'attuale 132% al 60% con un taglio annuale della spesa
pubblica di 50 miliardi.
A
questo d'altronde mira l'inserimento del “pareggio di bilancio” in
Costituzione, previsto dal Fiscal Compact ed eseguito dal Parlamento
italiano, senza alcun referendum popolare, nel 2012.
Si
tratta della definitiva consegna di tutto ciò che ci appartiene agli
interessi delle grandi lobby finanziarie, nonché di una definitiva
sottrazione di democrazia, con scelte politiche ed economiche non più
dettate dalla discussione democratica, bensì dagli algoritmi
monetaristi.
Ma
tutto questo può essere fermato: entro fine anno i Parlamenti nazionali
devono discutere e decidere il destino del Fiscal Compact.
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