lunedì 2 ottobre 2017

no al fiscal compact

A fine 2017, cinque anni dopo la sua approvazione, il Fiscal Compact (Trattato sulla stabilità, coordinamento e governance nell'unione economica e monetaria), potrebbe essere inserito nell'ordinamento giuridico europeo, divenendo giuridicamente superiore alla legislazione nazionale e rendendo irreversibili le politiche liberiste d'austerità.
Il Fiscal Compact, infatti, proseguendo la linea tracciata da Maastricht in poi, assume la trappola del debito pubblico come cornice indiscutibile dentro la quale costruire la gabbia per i diritti sociali e del lavoro e la privatizzazione dei beni comuni.
Basti pensare che se dovesse essere confermato, il Fiscal Compact prevederà per il nostro Paese l'obbligo nei prossimi 20 anni a portare il rapporto debito-Pil dall'attuale 132% al 60% con un taglio annuale della spesa pubblica di 50 miliardi.
A questo d'altronde mira l'inserimento del “pareggio di bilancio” in Costituzione, previsto dal Fiscal Compact ed eseguito dal Parlamento italiano, senza alcun referendum popolare, nel 2012.
Si tratta della definitiva consegna di tutto ciò che ci appartiene agli interessi delle grandi lobby finanziarie, nonché di una definitiva sottrazione di democrazia, con scelte politiche ed economiche non più dettate dalla discussione democratica, bensì dagli algoritmi monetaristi.
Ma tutto questo può essere fermato: entro fine anno i Parlamenti nazionali devono discutere e decidere il destino del Fiscal Compact.

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