Un governo nato per prendere tempo non poteva che varare una legge di bilancio che si limitasse a prendere tempo.
Un
governo, nato sotto l’egida dell’ UE, con possibilità pressocchè nulle
di costruire attorno a sé un blocco sociale minimamente capace di
indicare un orizzonte almeno di medio periodo, non poteva che varare una
legge di bilancio dal fiato corto e senza alcuna prospettiva.
Sullo
sfondo, poi, la recessione che coinvolge l’ Eurozona (con l’oramai ex
locomotiva tedesca con tassi di crescita prossimi allo zero) dà la
misura del conclamato fallimento di un modello che ha puntato tutto
sull’esportazione e quindi sulla svalutazione salariale, mortificando i
consumi interni. Né le ricette messe in campo dalla BCE (quantitative
easing, tassi di interesse negativi, ecc) hanno sortito alcun risultato
perché quelle misure non hanno scosso l’economia reale: non poteva
essere diversamente, perchè per le imprese investire è sempre più
rischioso considerato le basse aspettative di vendita, e le famiglie
sono troppo impegnate a far quadrare i conti per considerare l’ipotesi
di accedere a prestiti.
Sono
queste le premesse dalle quali occorre partire per inquadrare il
contesto politico dentro il quale si colloca la legge di bilancio (anzi
per meglio dire le indiscrezioni circolate perché il testo ancora non è
stato pubblicato) e il decreto fiscale che dovrebbe viaggiare in
parallelo con la prima.
Uno
scenario che presumibilmente dovrebbe indurre le istituzioni europee ad
essere “generose” accordando i 14,4 miliardi di flessibilità richiesti,
al fine di scongiurare il rischio di aprire un’altra crepa nella
costruzione di Maastricht.
Il
risultato è una manovra scialba che, se non approfondisce quelle
diseguaglianze sociali delle quali tutti parlano durante i talk show,
senz’altro non le affronta, anzi le cristallizza rendendo palese l’unico
margine di manovra possibile dentro la camicia di forza dell’Unione
europea: un po’ di redistribuzione tra ceto medio e ceto basso,
salvaguardando naturalmente i grossi profitti, e un welfare dei
miserabili, residuale, con qualche elargizione caritatevole qua e là.
Insomma
la risposta al crollo della domanda interna è rappresentata dalle
solite misure tampone costituite da bonus di vario tipo, mentre emerge
con forza la mancanza di interventi strutturali capaci di rilanciare i
consumi e di delineare un orizzonte che vada oltre il consueto giorno
per giorno.
Le
cifre, d’altronde, già parlano chiaro: dei 31 miliardi della manovra
circa 23 miliardi (ovvero il 75%) sono assorbiti per scongiurare
l’aumento dell’Iva che, non a caso, è il grande risultato (insieme al
taglio del cuneo fiscale) che il Governo prova a rivendersi a livello di
comunicazione.
Per
quanto riguarda le coperture l’impianto della manovra si regge
prevalentemente sulla flessibilità accordata dall’UE (14, 4 miliardi),
sugli introiti della lotta all’evasione (scesi a 3,5 miliardi visto lo
stop, almeno per ora, alle entrate aggiuntive che sarebbero dovute
derivare spostando alcuni beni da una aliquota Iva ad un’altra), un po’
di spendig review giusto per non perdere l’abitudine, alcune misure su
detrazioni e deduzioni ed un trucco contabile dell’ultima ora del valore
di 3 miliardi che consentirebbe, al fine di assicurare le coperture, di
conteggiare al 2020, anzichè al 2019, i versamenti di partite Iva e
forfettari previsti per fine ottobre e metà novembre di quest’anno.
Con un impianto di questo tipo, non resta che affidarsi alla propaganda.
E
così la sterilizzazione degli aumenti dell’IVA (che nel nostro paese è
già leggermente sopra la media degli altri paesi UE) diventa nella
comunicazione sinonimo di riduzione delle tasse, anche se tale imposta
resta stabile con tutta l’iniquità e la natura regressiva che la
caratterizza.
Sul
fronte “espansione” il piatto forte sarebbe rappresentato dal taglio
del cuneo fiscale con 3 miliardi per il 2020 e 5,5 per il 2021. A parte
il giochetto di far partire la misura dal 1 luglio 2020, al fine di
risparmiare risorse, la platea dei destinatari riguarderebbe i
percettori di redditi fino a 35.000 euro (esclusi gli incapienti).
In
particolare per i percettori di redditi fino a 26.000 euro di fatto si
riconferma il bonus Renzi mentre dal taglio del cuneo fiscale
beneficeranno di 40 – 50 euro annui.
Per
i percettori di redditi da 26.000 euro a 35.000 euro il vantaggio
ammonterà nel 2020 a circa 50 euro mensili in più in busta paga che
dovrebbero raddoppiare nel 2021.
Quello
che emerge, e che poi caratterizza tutta la manovra, è però ciò che
manca: la questione salariale andrebbe affrontata a monte anche con una
riforma della tassazione che alleggerisca il carico fiscale sui redditi
medio bassi e lo inasprisca sui redditi alti in modo da intervenire in
maniera strutturale e non affidandosi a provvedimenti tampone che oggi
ci sono e domani non si sa.
Dal
punto di vista delle politiche fiscali, materia sulla quale si
concentrano le maggiori tensioni all’interno della compagine
governativa, si prova a trasmettere l’idea di un governo inflessibile
con gli evasori. Nel decreto fiscale, oltre la stretta sulle
compensazioni, il contrasto delle frodi nel settore del carburante,
l’imposta digitale, il piatto forte si basa sull’effetto taumaturgico
affidato alla c.d. lotta al contante con l’abbassamento delle soglie per
il pagamento cash
da 3.000 euro a 2.000 per il 2020 e 2021 e poi 1.000 euro nel 2022
(misura non gradita a Di Maio e Renzi); con le sanzioni per i
commercianti e gli esercenti che non accetteranno i pagamenti in moneta
elettronica; con la lotteria degli scontrini.
La
realizzazione, grazie a tali misure, degli introiti preventivati
attiene per ora alla sfera dei desideri perché non è possibile alcuna
proiezione attendibile sulle entrate.
Ma
anche qualora dovessero essere confermati gli introiti desiderati, è
evidente che la lotta al contante non scalfisce minimamente la grande
evasione che potrà continuare a dormire sonni tranquilli: le grandi
aziende, l’evasione delle quali per entità supera di 16 volte la piccola
evasione come attesta un recente rapporto della CGIA di Mestre, hanno
studiato nel corso degli anni strumenti ben più raffinati dell’uso del
contante per aggirare il fisco, anche sfruttando i buchi della legge.
Né
può essere considerata garanzia di lotta alla grande evasione la misura
dell’innalzamento delle pene per alcuni reati tributari, tanto cara al
premier Conte e al M5S ma osteggiata da Renzi e tiepidamente accolta dal
PD.
Con
un organico di ispettori del fisco che nel corso degli anni ha subito
una forte contrazione, non solo nessun evasore andrà in galera nemmeno
per un’ora, ma potrà continuare a non pagare le tasse facendo
affidamento sulla scarsa possibilità di essere sottoposto a controllo.
Ed
anche qui la mancanza di un massiccio piano di assunzioni, unitamente
alla mancanza di un intervento complessivo sul nostro sistema fiscale
che riaffermi la natura fortemente progressiva del Fisco, hanno prodotto
interventi tampone che non scalfiscono quelle diseguaglianze che una
vera lotta all’evasione e una tassazione equa e progressiva dovrebbe
invece attenuare.
Le
altre misure previste non invertono la traiettoria della manovra: dal
pacchetto famiglia, allo sconto sui ticket sanitari ( e ci
mancherebbe!), dal solito pacchetto fiscale per le imprese, ad un pò di
verniciatura “green”, fino allo stanziamento per i rinnovi contrattuali
del settore pubblico, la cui entità è da verificare ma che già si
prospettano insufficienti dopo anni di blocco contrattuale e considerata
la necessità di investire risorse nell’ordinamento professionale,
materia che era stata espunta nell’ultimo CCNL sottoscritto dalle O.S.
complici.
Vedremo
quali elementi nuovi interverranno durante l’iter di approvazione della
manovra, tra contese all’interno della compagine governativa ed
eventuali suggerimenti da parte della Commissione europea, ma la strada è
tracciata.
Se
questa è la legge di bilancio “morbida” con la quale Bruxelles
consentirebbe al governo di sua diretta emanazione una partenza non in
salita, non c’è nulla di cui rallegrarsi per il futuro quando il quadro
economico è destinato inevitabilmente ad aggravarsi.
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