Rifiuti pericolosi a rischio infettivo,
sanitari e non, scaricati in maniera indifferenziata nei porti italiani
come se fossero rifiuti urbani. In 44 sbarchi, negli ultimi due anni e
mezzo, sarebbero state smaltite illecitamente 24 tonnellate di rifiuti
pericolosi, con un risparmio di costi di 460.000 euro. È questa l’accusa
nei confronti della Ong Medici senza frontiere e di due agenti
marittimi. E con questa accusa che il gip di Catania Carlo Cannella, su
richiesta del procuratore Carmelo Zuccaro, ha disposto il sequestro
della nave Aquarius di Msf e Sos Mediterranee ferma da settimane nel
porto di Marsiglia dopo il ritiro della bandiera da parte delle autorità
panamensi. Sequestrati anche alcuni conti bancari di Msf. Quattordici
le persone indagate che “avrebbero avuto la consapevolezza della
pericolosità degli indumenti indossati dai migranti in quanto fonte di
trasmissione di virus o agenti patogeni contratti durante il viaggio”.
Questi gli indagati: i due agenti
marittimi Francesco Gianino e Giovanni Ivan Romeo, i centri operativi di
Amsterdam e di Bruxelles di Msf, il comandante e il primo ufficiale
dell’Aquarius, il russo Evgenii Talanin e l’ucraio Oleksandr Yurchenko. E
gli 8 membri di Msf: il vice capo missione Italia di Msf Belgio Michele
Trainiti, il vice coordinatore nazionale nazionale e addetta
all’approvvigionamento della missione Italia di Msf Belgio Cristina
Lomi, il liaison Officer di Mas Belgio Marco Ottaviano, i coordinatori
del progetto Sar Aquarius di Msf Olanda, Aloys Vimard e Marcella Kraaij,
il coordinatore logistico di Aquarius Joachim Tisch, il delegato alla
logistica a bordo della nave Martinus Taminiau e il coordinatore del
progetto a bordo della nave, l’inglese Nicholas Romaniuk.
Secondo Guardia di finanza e polizia,
coordinate dalla procura di Catania, tra i rifiuti sversati ci sono “gli
indumenti contaminati indossati dagli extracomunitari”, gli scarti
alimentari e i rifiuti di quanto utilizzato in navigazione per
l’assistenza medica ai migranti soccorsi nel mar Mediterraneo.
La Procura di Catania scrive che, tra
gennaio 2017 e maggio 2018, dalle navi Vos Prudence e Aquarius “non è
stata mai dichiarata la presenza di rifiuti sanitari pericolosi a
rischio infettivo” anche in presenza di “numerosi e documentati casi di
malattie registrate dai vari Uffici di Sanità Marittima” allo sbarco dei
migranti nei porti italiani, duranti i quali sono stati “rilevati 5.088
casi sanitari a rischio infettivo (scabbia, meningite, tubercolosi,
Aids e sifilide) su 21.326 migranti sbarcati”.
Secondo l’accusa, i soggetti coinvolti, a
vario titolo, avrebbero “sistematicamente condiviso, pianificato ed
eseguito un progetto di illegale smaltimento di un ingente quantitativo
di rifiuti pericolosi a rischio infettivo”, che sarebbero stati
“conferiti in modo indifferenziato, unitamente ai rifiuti solidi urbani,
in occasione di scali tecnici e sbarco dei migranti” in 11 porti
italiani: Trapani, Pozzallo, Augusta, Catania e Messina in Sicilia; Vibo
Valentia, Reggio Calabria e Corigliano Calabro in Calabria; Napoli e
Salerno in Campania; Brindisi in Puglia.
“Ogni altro rifiuto della clinica è
stato presentato insieme a tutti i rifiuti normali al momento dello
sbarco”, si legge in una mail interna di Medici senza frontiere
acquisita dalla Procura. Tra le intercettazioni risalta quella tra
l’agente marittimo Gianino, titolare della “Mediterranean shipping
agency” (Msa) di Augusta (SR) che agiva da intermediario, e un
funzionario della Vos Prudence in cui si spiega che i vestiti dei
migranti “noi li classifichiamo come rifiuto speciale, come se fossero
stracci della sala macchine”. Gianino parla di “equilibri talmente
sottili ormai consolidati in 2-3 anni” e dice che si “va a certificare”
l’urina di “gente che può avere malattie infettive”. Ecco perché, spiega
al suo interlocutore, bisogna comportarsi “come una zanzara in una
cristalliera, non come un elefante dentro la cristalliera… si spezza il
coso poi non posso aiutarti”.
La Procura ha ricostruito il truffaldino
meccanismo di declassificazione: durante la navigazione verso il porto
di destinazione, si davano indumenti nuovi e alimenti ai migranti
salvati in mare, producendo quelli che per l’accusa erano dei “rifiuti
pericolosi a rischio infettivo”. Quest’ultimi, durante le operazioni di
certificazione prima di entrare nel porto, venivano presentati come
rifiuti solidi indifferenziati con l’assegnazione di codici che li
contraddistinguevano come “non pericolosi”. Al termine delle operazioni
di sbarco venivano consegnati alla società incaricata di smaltirli che,
come emerge da foto segnalazioni fatte a Catania, “li compattava in
maniera indiscriminata e li portava in discarica per lo smaltimento
finale”.
Msf ha bollato l’inchiesta come “misura
sproporzionata e strumentale, tesa a criminalizzare per l’ennesima volta
l’azione medico-umanitaria in mare”.
Di tutt’altro avviso Matteo Salvini,
ministro dell’Interno: “Ho fatto bene a bloccare le navi delle Ong. Ho
fermato non solo il traffico di immigrati ma anche quello di rifiuti”.
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