venerdì 16 novembre 2018

Imperialismo culturale: perversione linguistica e offuscamento dell’impero

Nel mondo contemporaneo, i propagandisti imperialisti occidentali, in particolare giornalisti ed editorilisti dei mass media, ricorrono alla perversione dei concetti quotidiani e al linguaggio della politica. Uso ed abuso del linguaggio della politica servono ad incolpare le vittime e a giustificare gli aggressori imperiali. Le conseguenze sono molteplici, sia legittimando i crimini di guerra e il saccheggio economico, sia neutralizzando l’opposizione interna. Procederemo identificando la terminologia chiave che promuove l’aggressione imperiale. Descriveremo quindi gli obiettivi economici e politici dell’imperialismo linguistico. Concluderemo esaminando le alternative politico-culturali.
Critica dei concetti: nazionalismo e populismo
Il concetto più abusato e offuscato nel lessico imperiale moderno è “populismo”. Nel suo significato originale, “populismo” si riferiva a movimenti di massa composti da lavoratori sfruttati. I movimenti popolari combatterono banchieri oligarchici e magnati dei media. Tra la fine del XIX e all’inizio del XX secolo, i populisti formarono potenti movimenti politici e partiti elettorali negli Stati Uniti, Canada, Russia ed Europa occidentale. Verso la metà del XX secolo, i partiti e i movimenti populisti si moltiplicarono e, in alcuni casi, arrivarono al potere in Asia e in America Latina. I movimenti populisti ottennero sostegno di massa in Argentina, Brasile, Perù e Messico. Negli Stati Uniti i partiti populisti e il movimento rappresentavano gli agricoltori che combattevano monopoli ferroviari, bancari e i capi politici corrotti. Il loro obiettivo era garantire prezzi di mercato equi per i trasporti, tassi di interesse moderati dalle banche e elezioni oneste, senza corruzione dei capi politici. I populisti elessero diversi governatori, decine di sindaci e diversi legislatori statali. In America Latina, i partiti populisti in Perù (APRA) combatterono per i diritti degli indigeni, opponendosi al dominio neo-coloniale ed oligarchico. In Argentina, Brasile e Messico i partiti populisti guidati da Juan Peron, Getulio Vargas e Lazaro Cardenas combatterono e assicurarono i diritti ai lavoratori e la proprietà nazionale delle risorse essenziali (specialmente i giacimenti petroliferi), lanciarono con successo programmi di industrializzazione nazionale. Sviluppi simili si ebbero in Cina, Filippine, Indocina e India. Nazionalismo e populismo erano i motori gemelli dell’indipendenza e della giustizia sociale. Il nazionalismo era basato sulla fine del dominio imperiale e sul recupero dei valori culturali nazionali liberi dalle imposizioni coloniali. Al volgere del 21° secolo, con l’ascesa e l’avanzata dei regimi post-coloniali, le potenze imperiali occidentali cercarono di denigrare i movimenti e i partiti che ne mettono in dubbio la legittimità. Le potenze imperiali non potevano più contare sull’ideologia degli imperi benevolenti (“il fardello dei bianchi”). Né potevano sostenere che sfruttamento e saccheggio dal capitale straniero servissero alla “costruzione della nazione”. L’ideologia imperialista distorse e capovolse i concetti positivi associati alle lotte di liberazione. Invece associavano il populismo a dottrine oppressive e autoritarie di regimi regressivi. Il populismo fu svuotato del contenuto originale di emancipazione e sostituito ed associato all’ideologia fascista, reazionaria, xenofoba, anti-immigrazione. Tutti i movimenti di massa popolari, indipendentemente dal contenuto socio-economico, venivano dipinti con lo stesso contenuto regressivo. Allo stesso modo, il nazionalismo era collegato ai neofascisti che espellevano minoranze e migranti. Come corollario, le ideologie imperialiste presentato i costruttori di imperi nordamericani ed europei come sostenitori dei valori democratici combattendo contro i “nazionalisti”.
Uso e abuso di populismo e nazionalismo
I principali nemici del “populismo” sono le solide classi dominanti neo-liberali occidentali e i loro velenosi scribi di Financial Times, New York Times; Washington Post e Wall Street Journal. L’anti-populismo in difesa dei “valori democratici occidentali” è propaganda pseudo-progressista a favore dell’imperialismo. La retorica anti-populista amalgama destra e sinistra, sciovinisti e difensori dell’indipendenza nazionale. Lo scopo era giustificare guerre e colpi di stato imperiali di Stati Uniti ed Europa in Asia, Medio Oriente, Africa settentrionale e meridionale e America latina. Mentre i “virtuosi” media cervellotici anti-populisti e anti-nazionalisti condannano i populisti, promuovono e difendono guerre e colpi di Stato in Iraq, Afghanistan, Egitto, Libia, Palestina, Siria, Libano, Honduras, Somalia, Sud Sudan, Venezuela e Ucraina. L'”anti-nazionalismo” serve a disarmare i critici indipendenti dell’imperialismo e a “legittimare” i capi occidentali. Gli ideologi dei media attaccano i “nazionalisti” di destra che attaccavano gli immigrati ma nascondendo il fatto che gli immigrati erano vittime delle invasioni militari imperialiste occidentali. I nazionalisti nazionali di destra e gli imperialisti neoliberisti sono le due facce della stessa medaglia. Uno eccita le passioni nazionaliste delle masse, l’altro procede a soddisfare il vorace appetito dei profitti capitalistici. Anti-populismo e nazionalismo sono la forza trainante delle élite neo-liberali che sfruttano la forza lavoro interna ed attaccano il benessere sociale e la democrazia sul posto di lavoro, ritraendo i movimenti sociali popolari come versioni del “populismo da condannare come nemico del libero mercato e delle libere elezioni. I nazionalisti che si oppongono alle guerre imperialiste sono denigrati come nemici autoritari della sicurezza occidentale, della globalizzazione e dei valori democratici.
Conclusione
L’imperialismo di Stati Uniti ed UE affronta avversari dall’interno e dall’estero. L’opposizione interna si è rivoltata contro guerre costose e speculazioni finanziarie e punta a un maggiore benessere. Nel disperato bisogno di una nuova difesa ideologica, le potenze occidentali fabbricano nuovi nemici, etichettati come “populisti”, travestimento per sostenere gli oligarchi economici. Le élite occidentali cercano di minare gli antiimperialisti confondendoli coi nazionalisti di estrema destra. Gli ideologi dell’imperialismo occidentale hanno altri strumenti di propaganda. I militanti per l’indipendenza nazionale sono equiparati ai “terroristi”. I difensori delle frontiere russe sono descritti come espansionisti autoritari. Le reti economiche internazionali della Cina sono soprannominate “collezionisti di debiti coloniali”. Il rullo di tamburo dei mass media è necessario per offuscare la realtà. Stati Uniti ed UE hanno circa 200 basi militari nel mondo. La Cina una base minuscola in Africa orientale. Gli Stati Uniti hanno una varie basi militari che circondano la Cina. A Pechino ha una sola base militare d’oltremare a circondare gli Stati Uniti. Mentre le élite coloniali e neo-coloniali occidentali saccheggiano Asia, Africa e America Latina, la Cina finanzia infrastrutture, investe in imprese produttive e non gestisce basi militari per intervenire nei Paesi del Terzo Mondo. Stati Uniti ed Europa degradano concetti progressisti come populisti e ne invertono il significato, in movimenti, partiti e personalità reazionari regressivi. Le etichette razziste colonialiste filo-imperialiste vengono attaccate ai “nazionalisti”, molti dei quali difensori della sovranità nazionale e oppositori dell’egemonia imperiale. Il linguaggio politico al servizio dell’impero non è una virtù!

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