Le imprese americane soffrono per la mancanza di lavoratori. A partire dagli
estrattori di petrolio nel Texas occidentale fino ai
ristoranti del New England,
le aziende dicono ai giornalisti che non riescono a trovare abbastanza
personale per colmare le carenze di organico. Ci viene detto che questo
porterà a ordini non soddisfatti, a mercati bloccati e infine a una
crescita economica più lenta.
Permettetemi di offrire un punto di vista completamente diverso: la carenza di manodopera in realtà è una buona cosa.
Ovviamente, è molto seccante per i proprietari delle aziende. “Abbiamo un portafoglio ordini ai massimi storici”
ha detto un produttore di camion dell’Iowa al
The Wall Street Journal. L’azienda, che normalmente soddisfa gli ordini in otto settimane, ora ci impiega il doppio del tempo.
Ma una ragione importante per cui la carenza di manodopera è così
seccante è che alla fine costringe i proprietari delle aziende a
spendere di più per attrarre i lavoratori. Si tratta della semplice
legge della domanda e dell’offerta: se una risorsa è scarsa
relativamente alle necessità dell’azienda, il suo prezzo salirà. Forse
le aziende dovrebbero aumentare gli stipendi. Forse devono aumentare i
benefit. Forse devono spendere più soldi per formare i dipendenti. Forse
devono aumentare la produttività e l’efficienza.
Il punto è che quello che è spiacevole per i proprietari delle aziende, è positivo per i lavoratori.
Durante gli anni del boom economico a metà dello scorso secolo, a
seguito della Seconda guerra mondiale, il tasso di disoccupazione era
stato in realtà
molto inferiore molto più spesso
di quanto è stato dopo gli anni ’80. Quelli non erano anni di crescita
asfittica ed aziende zoppicanti. È stato un periodo di crescita
economica robusta e, in confronto a oggi, di benessere ben distribuito.
Quello che è notevole, è la resistenza di molti proprietari di aziende ad ammetterlo. Propongono
qualsiasi genere di possibile rimedio
alla carenza di manodopera, dall’incremento delle ore lavorative,
all’utilizzo di più robot, all’alternanza scuola-lavoro con programmi di
formazione. Ma la semplice soluzione di aumentare i salari orari viene
citata raramente.
L’idea che gli stipendi non possono aumentare,
che alcuni lavori devono sempre rimanere a basso salario, spesso viene
data per scontata. “Un sacco di Americani non vogliono fare lavori a
basso salario che sono poco attraenti”
ha dichiarato Ray Wiley, un reclutatore che si occupa di piazzare rifugiati e immigrati nel mondo del lavoro, al
The New York Times. “I lavori che offrono sono in posti sperduti” prosegue il testo, “il lavoro è mal pagato e non desiderabile, e i nativi (
sic! NdVdE) americani, in particolare quelli di razza bianca, in genere non sono interessati”.
Notate il
frame a favore dei proprietari e contro i
lavoratori: lo stipendio è quello che è. Il fatto che possa cambiare non
viene nemmeno preso in considerazione. Quindi, i lavoratori che non
accettano l’offerta sono irragionevoli, forse persino viziati o pigri.
I giornalisti in effetti hanno la cattiva abitudine di
presentare l’immigrazione come la soluzione alla mancanza di personale. Senza dubbio, questa favoletta è animata da buone intenzioni. Funziona da
deterrente contro la xenofobia,
spiegando come la tolleranza nei confronti di immigrati e rifugiati
possa perfino aiutare l’economia. Ma contribuisce all’idea che noi
dobbiamo semplicemente abituarci all’idea di avere stipendi bassi per
sempre, e presenta inoltre implicitamente l’immigrazione come uno
strumento per il mantenimento di bassi salari. Avvilisce anche gli
stessi immigrati: questi sono considerati “migliori” o “più
desiderabili” perché non scocciano i propri datori di lavoro chiedendo
migliori condizioni di lavoro o maggiori stipendi.
Questo è solo un esempio. Ma la situazione è molto più diffusa: le imprese americane
sembrano pensare di avere il diritto di disporre di manodopera a basso costo, che non li infastidisca.
Probabilmente lo pensano perché ci sono abituate. Gli economisti si
impegnano a calcolare quanto bassa può essere al limite la
disoccupazione senza innescare una spirale inflattiva. Queste stime
ufficiali quasi certamente stabiliscono il valore minimo di
disoccupazione
molto più in alto di quanto dovrebbero. Ma anche così, la disoccupazione è stata inferiore a quella soglia soltanto il
35% del tempo, negli ultimi 20 anni.
In altre parole, negli ultimi decenni, il mercato del lavoro è stato dominato dai datori di lavoro.
I sondaggi delle aziende
mostrano in effetti
che ci sono più società che stanno aumentando i salari rispetto agli
ultimi 18 anni. Ma si tratta di un confronto con il terribile paragone
della Grande Recessione. A livello nazionale, i salari stanno crescendo
del 2,6% all’anno.
Si tratta del tasso più alto registrato dalla metà del 2009. Ma rimane
inferiore alla forchetta del 3,5-4% che avevamo alla fine delgi anni ’90
e nel 2007-2008 – le ultime due volte che abbiamo avuto una
disoccupazione così bassa.
Parte della differenza è dovuta alle diversità regionali: le
posizioni lavorative aperte sono superiori al numero di disoccupati
nel Midwest, ma i disoccupati
sono ancora superiori alle posizioni aperte a livello nazionale.
Ma anche la struttura delle statistiche governative gioca un ruolo
importante. Per essere considerato disoccupato, devi aver cercato
attivamente un lavoro nell’ultimo mese. Altrimenti non vieni considerato
come parte della forza lavoro. Ma la percentuale di partecipazione alla
forza lavoro
è collassata durante la Grande Recessione, e la crescente popolazione di pensionati
non è sufficiente per spiegarne la caduta. Ciò suggerisce che l’economia è andata così male, così a lungo, che
molte persone hanno semplicemente rinunciato a trovare un lavoro.
Infatti
più del 70%
dei lavoratori appena assunti a gennaio hanno dichiarato che il mese
precedente non stavano cercando lavoro. Ciò significa che non sarebbero
stati conteggiati tra i disoccupati. E la percentuale è la più alta mai
registrata negli ultimi 25 anni.
Per molto tempo,
è stato perfettamente normale
per un gran numero di Americani essere disoccupati. Questo ha permesso
ai datori di lavoro di scegliere a piacimento chi volevano assumere,
senza doversi scomodare con aumenti salariali né altri sforzi per
attrarre lavoratori. Ora il mercato finalmente inizia a spostarsi, anche
se di poco, in favore dei lavoratori. Ma i proprietari di azienda non
si rassegnano facilmente ad abbandonare le vecchie consuetudini. Dopo
essersi cullati nella noncuranza e nell’ipersensibilità, vanno nel
panico al minimo accenno di inconveniente.
“Qualcuno di voi pensa di alzare gli stipendi nei prossimi uno-due anni?”
ha chiesto
lo scorso anno il Presidente della Federal Reserve di Minneapolis, Neel
Kashari, a un raduno di uomini d’affari. “O vi limitate solo a
lamentarvi perché non riuscite a trovare manodopera?”.
Ha aggiunto: “Se non state alzando gli stipendi, allora sembra proprio che stiate solo piagnucolando”.