La forbice della spending review tanto voluta dal governo di Mario
Monti nel 2012 è incostituzionale. A dirlo la stessa Corte
Costituzionale intervenuta a seguito del ricorso presentato al Tar del
Lazio da due Comuni pugliesi, Lecce e Andria.
Per recuperare le risorse necessarie e guadagnare credibilità agli occhi dei mercati, il governo Monti varò la spending review, una serie di tagli alla spesa pubblica che colpirono anche gli enti territoriali. Il decreto legge sulla spending review prevedeva per l’anno 2013 la riduzione del fondo sperimentale di riequilibrio e del fondo perequativo per un ammontare complessivo di 2.250 milioni di euro.
Ora la Consulta con la sentenza n. 129/2016 depositata ieri, ha dichiarato illegittima proprio una parte del secondo decreto sui tagli alla spesa pubblica del governo Monti del luglio 2012, ossia quella in cui “non prevede, nel procedimento di determinazione delle riduzioni del Fondo sperimentale di riequilibrio da applicare a ciascun comune nell’anno 2013, alcuna forma di coinvolgimento degli enti interessati, né l’indicazione di un termine per l’adozione del decreto di natura non regolamentare del ministero dell’Interno”.
La Consulta in pratica boccia la spending review di Monti perché non ha coinvolto i Comuni. Non era stata convocata neppure la Conferenza Stato-città, quindi il provvedimento ha violato palesemente l’articolo 119 della Costituzione, che sancisce l’autonomia finanziaria di entrate e di spese di comuni, le province, le città metropolitane e regioni.
E la cosa ancor più grave, a detta dei ricorrenti e confermata anche dalla Consulta, è che lo Stato ha deciso di tagliare quelli che sono chiamati i “consumi intermedi”, una definizione generica in cui rientrano sì le spese per il funzionamento amministrativo e quindi eventuali sprechi ma anche le spese sostenute per l’erogazione di servizi ai cittadini, finendo così per sacrificare le amministrazioni comunali che erogano più servizi.
Per recuperare le risorse necessarie e guadagnare credibilità agli occhi dei mercati, il governo Monti varò la spending review, una serie di tagli alla spesa pubblica che colpirono anche gli enti territoriali. Il decreto legge sulla spending review prevedeva per l’anno 2013 la riduzione del fondo sperimentale di riequilibrio e del fondo perequativo per un ammontare complessivo di 2.250 milioni di euro.
Ora la Consulta con la sentenza n. 129/2016 depositata ieri, ha dichiarato illegittima proprio una parte del secondo decreto sui tagli alla spesa pubblica del governo Monti del luglio 2012, ossia quella in cui “non prevede, nel procedimento di determinazione delle riduzioni del Fondo sperimentale di riequilibrio da applicare a ciascun comune nell’anno 2013, alcuna forma di coinvolgimento degli enti interessati, né l’indicazione di un termine per l’adozione del decreto di natura non regolamentare del ministero dell’Interno”.
La Consulta in pratica boccia la spending review di Monti perché non ha coinvolto i Comuni. Non era stata convocata neppure la Conferenza Stato-città, quindi il provvedimento ha violato palesemente l’articolo 119 della Costituzione, che sancisce l’autonomia finanziaria di entrate e di spese di comuni, le province, le città metropolitane e regioni.
E la cosa ancor più grave, a detta dei ricorrenti e confermata anche dalla Consulta, è che lo Stato ha deciso di tagliare quelli che sono chiamati i “consumi intermedi”, una definizione generica in cui rientrano sì le spese per il funzionamento amministrativo e quindi eventuali sprechi ma anche le spese sostenute per l’erogazione di servizi ai cittadini, finendo così per sacrificare le amministrazioni comunali che erogano più servizi.
Nessun commento:
Posta un commento