Il New York Times (e chiaramente a catena tutti gli organi di stampa
del mondo che si crede libero) pubblica uno scoop sensazionale martedì
pomeriggio: gli Stati Uniti stanno valutando un piano dettagliato contro
l'Isis in Libia, insieme agli alleati Italia, Francia e Regno Unito. In
particolare, il Pentagono avrebbe presentato alla Casa Bianca, una
serie di opzioni a partire da quella che
prevede un fuoco di fila di bombardamenti aerei. L'obiettivo dei
possibili raid, spiega il New York Times, sono almeno 30-40 'target' in
quattro aree del Paese nordafricano. Quindi "c' un piano degli Usa per
attaccare la Libia". E la notizia quale sarebbe? Come sappiamo bene, gli
Stati Uniti non hanno nessuna premura di effettuare raid aerei contro
“target” libici e non hanno armato i droni a Sigonella per una mostra.
E allora perché l'organo principale del regime nord-americano ha voluto mandare al mondo questo messaggio? E a chi è diretto?
Nell’assenza di una politica estera (e militare) comunitaria, in Europa ognuno pensa per sé: Francia e Gran Bretagna sono già impegnate concretamente in Libia.
Come ai tempi in cui questi paesi si divertivano a disegnare con un righello le sorti di intere popolazioni alla fine della prima guerra mondiale, per quanto incredibile e inquietante possa apparire, stiamo assistendo ad un revival coloniale, ad una corsa frenetica tra forze speciali per accaparrarsi per primi, al di fuori di qualsiasi legittimazione internazionale, le risorse petrolifere della Libia, paese per ora inerme, diviso e quindi una facile preda.
Probabilmente, una volta stabilizzato, il paese sarà diviso tra Francia (Fezzan), Gran Bretagna (Cirenaica) e Italia (Tripolitania), mentre gli Stati Uniti vigileranno dall'alto su tutte e tre le zone. Questo piano per divenire operativo necessita dell'intervento italiano perché Francia e Regno Unito, dopo i crimini del 2011, non possono.
E, quindi, gli Stati Uniti, attraverso la non notizia del New York Times - e il giorno dopo il dietrofront di Renzi - stanno semplicemente mandando un "pizzino" all'Italia con scritto: “Fate presto”. Altrimenti della carcassa libica non resterà nulla.
E allora perché l'organo principale del regime nord-americano ha voluto mandare al mondo questo messaggio? E a chi è diretto?
Nell’assenza di una politica estera (e militare) comunitaria, in Europa ognuno pensa per sé: Francia e Gran Bretagna sono già impegnate concretamente in Libia.
Come ai tempi in cui questi paesi si divertivano a disegnare con un righello le sorti di intere popolazioni alla fine della prima guerra mondiale, per quanto incredibile e inquietante possa apparire, stiamo assistendo ad un revival coloniale, ad una corsa frenetica tra forze speciali per accaparrarsi per primi, al di fuori di qualsiasi legittimazione internazionale, le risorse petrolifere della Libia, paese per ora inerme, diviso e quindi una facile preda.
Probabilmente, una volta stabilizzato, il paese sarà diviso tra Francia (Fezzan), Gran Bretagna (Cirenaica) e Italia (Tripolitania), mentre gli Stati Uniti vigileranno dall'alto su tutte e tre le zone. Questo piano per divenire operativo necessita dell'intervento italiano perché Francia e Regno Unito, dopo i crimini del 2011, non possono.
E, quindi, gli Stati Uniti, attraverso la non notizia del New York Times - e il giorno dopo il dietrofront di Renzi - stanno semplicemente mandando un "pizzino" all'Italia con scritto: “Fate presto”. Altrimenti della carcassa libica non resterà nulla.
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